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Bourama, il genio del Mali che adora Virgilio e la Deledda

Silvia Sanna
Bourama mentre legge Platone a una Poetry Slam
Bourama mentre legge Platone a una Poetry Slam

E' arrivato su un barcone nel 2016 con un solo obbiettivo: "Volevo studiare". Si è diplomato con 100 all'artistico di Tempio, è un poeta e farà il magistrato

16 luglio 2022
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A quattordici anni via da casa, affamato di studio e di cultura, pronto a mettersi contro la famiglia, che per lui immaginava un futuro nel suo Paese, in Mali. Bourama ha chiuso la porta ed è partito per un lungo viaggio denso di tappe e intoppi, ma anche di incontri, sorrisi e pacche sulle spalle. Quando due anni dopo, nel giugno del 2016, ha visto il mare che separa l’Africa dall’Italia non credeva ai suoi occhi perché sino a quel momento aveva conosciuto solo la sabbia del deserto e il buio all’interno del pick up dove viaggiava nascosto sotto teloni di plastica: «Quel mare, come direbbe Francesco D’Assisi, mi è sembrato una creatura stupenda», spiega Bourama. C’è da scommettere che di citazioni ne ha fatte tante di fronte ai professori della commissione di Maturità del Liceo Artistico di Tempio che una decina di giorni fa lo hanno premiato con il massimo dei voti: 100, punteggio top per questo “genio del Mali” che adora Manzoni e Grazia Deledda, legge Nietzche, Virgilio e Platone, è autore e attore di testi teatrali, ha scritto più di 50 poesie nella sua stanza del centro migranti alla Paduledda in Gallura e ha rappresentato i giovani sardi alla finale nazionale del Poetry slam a Pisa nel 2019, dopo aver vinto due gare regionali. E ha un obiettivo: «Voglio diventare un magistrato, mi piace l’idea di applicare la legge, di fare rispettare diritti e doveri. Questa sarà la mia professione, la letteratura e i classici latini e greci restano la mia passione, che continuerò a coltivare. Non potrei farne a meno, sono libro-dipendente».

Affamato di cultura Chissà come sarebbero andate le cose se fosse rimasto a Koulikoro, la città sulle sponde del Niger dove Bourama Diarra, oggi 22 anni, ha frequentato le scuole Elementari e (credeva) anche le Medie. Guardandolo ora, in abito rosso, cravatta e borsa 24 ore il giorno dell’orale della Maturità, è facile pensare che sarebbe diventato un’autorità, un politico, un professore o entrambe le cose. «A scuola era bravo, prendevo voti alti. Ma continuare a studiare, frequentare il Liceo, sarebbe stato impossibile. Mi sono sentito in gabbia e ho deciso di andarmene». Da solo, ad appena 14 anni, contro il volere dei genitori, senza un passaporto in quanto minorenne e con una carta d’identità che si sarebbe rivelata carta straccia. «Pensavo che sarebbe bastato spostarmi verso il Nord Africa per iscrivermi in una scuola. L’Italia non era nei miei programmi, invece...» Dal Mali all’Algeria è stato un viaggio terribile nel deserto «al punto che credevo non avrei mai più vissuto un’esperienza così traumatica. Invece ne sarebbero arrivate altre ben peggiori».

Lontano da casa In Algeria Bouroma non trova una scuola o dei libri sui quali consumarsi gli occhi, ma un cantiere polveroso dove lavora come operaio e dove arriva spesso la polizia a fare controlli. «Viene fuori che il mio documento d’identità non vale nulla e mi arrestano. Non mi mettono in carcere perché sono un ragazzino ma sono affidato alla custodia di un giudice in una specie di libertà vigilata». La polizia ritorna tante volte nel cantiere e ogni volta lo ferma e gli agenti lo portano in commissariato. «Ormai lì sono di casa e il capo della polizia mi prende in simpatia – racconta Bourama – io gli dico che non voglio tornare a casa mia ma che desidero andare a scuola, studiare. Lui quasi si commuove e mi dice: “ti aiuto ad andare in Spagna passando dal Marocco, lì potrai realizzare i tuoi sogni”. Io lo ascolto ma invece di andare in Spagna, con un gruppo di amici parto per la Libia: come direbbe Nietzche, è stato il mio “colpo di genio”. Il viaggio è peggio dell’altro, siamo una ventina dentro il pick up solo buio e scossoni, mi sembra non arrivi mai la fine. Poi ecco il mare, è una visione, mi emoziono. Sono ancora su di giri quando salgo sul barcone e siamo stipati come sardine: 120 persone, tanti bambini e ragazzini che piangono. Anche io sono un ragazzino ma mi succede una cosa strana: mi fanno pena gli altri e allora provo a consolarli, ad allievare le pene del viaggio a mollo nel mare. Non dura tanto per fortuna: una nave ci soccorre e ci porta in Sardegna. È il 26 giugno del 2016». Ad accogliere i migranti a Cagliari ci sono i tendoni della Protezione civile: in quel periodo gli sbarchi si susseguono e nell’isola aprono come funghi i centri d’accoglienza. Bourama Diarra, minore non accompagnato, andrà alla Paduledda, frazione di Trinità d’Agultu, a due passi dall’Isola Rossa.

La seconda vita nell’isola «Voglio studiare, voglio andare a scuola»: sono le prime parole che pronuncia in francese, la sua lingua, quando arriva al centro in Gallura. La risposta è cruda ma scontata: “Prima devi imparare l’italiano”. «E allora insegnatemelo, sono qui per questo». Detto fatto: al centro vengono attivati i corsi di italiano, per tre giorni a settimana arrivano gli insegnanti e lui è sempre in prima fila, sguardo attento e orecchie tese. Ma è sveglio abbastanza da capire che bisogna fare di più. «Mi ricordavo a memoria le storie, i racconti di mia nonna e di mia mamma in Mali – spiega – e li traduco dal francese all’italiano. E poi chiedo all’insegnante di darmi molti esercizi. Per sette mesi sto chiuso a studiare, solo libri e compiti. Riabituarmi a uscire è difficile, mi sento spaesato». Ma l’ obiettivo ce l’ha nitido, stampato davanti agli occhi. «Riesco a iscrivermi al Liceo Artistico “Fabrizio De Andrè” a Tempio: ogni giorno su e giù con l’autobus. Qualcuno sul pullman mi dice “torna a casa tua”, a scuola capita di sentire “straniero vattene in Africa”. Pazienza, perché i miei compagni sono la fine del mondo. Come direbbe Federico II di Prussia, sono arrivato in ritardo per la mia epoca perché avrei voluto vivere l’illuminismo e andare a cena con Marx, ma ho visto tutto perché ho conosciuto la mia classe». E lì, in quella prima superiore zeppa di 14enni, il 18enne Bourama si convince di non avere grandi doti artistiche (ma poi scoprirà che non è così) e di amare moltissimo i classici latini e greci. «Penso anche di trasferirmi al Classico ma sarebbe complicato. Allora resto all’Artistico e i Classici li studio tanto per conto mio. Poi in seconda mi devo fermare perché scopro che in Mali non avevo conseguito la licenza media». Niente paura: Bouroma si iscrive alle scuole serali a Valledoria e di mattina continua a frequentare l’Artistico come uditore. «In terza ricomincio in piena regola ma per avere il permesso di soggiorno devo lavorare: faccio il badante, il cameriere, il tuttofare in un hotel. Quello che capita». Nel frattempo Vittoria Nicoli, registra teatrale di Santa Teresa e direttrice di una compagnia, capisce che quel ragazzo è un tipo particolare. Nasce un’amicizia intensa, un affetto profondo ma anche una importante collaborazione. «Aiuto Vittoria nella preparazione di testi teatrali e recito anche. Poi partecipo al Poetry slam e vinco: vado a Pisa alla gara nazionale a rappresentare i giovani sardi.... proprio io, roba da non crederci».

100 Luglio 2002, esame di Maturità. Bouroma sceglie il tema d’italiano sul nobel della Fisica Giorgio Parisi e non vede l’ora di fare l’orale. La mattina è elegantissimo: abito rosso con gilet, camicia bianca e cravatta. L’interrogazione dura un’ora ed è una sorta di monologo: «Parto dalla poesia The Tiger di William Blake, mi collego a Marx e poi al mio adorato Manzoni e alla sua Provvidenza. Ma parlo anche di Grazia Deledda , autrice geniale nel dipingere la società del tempo. Canne al Vento, Cosima, ne ho letto tanti di libri. E mi sono sempre chiesto perché Grazia Deledda non si studi a scuola». La commissione ascolta e il verdetto è naturale: 100, il massimo per questo ragazzo che sa cosa vuole dalla vita e non si ferma di fronte a niente. E dopo l’estate in cui continuerà a lavorare come cameriere in hotel, spiccherà un altro volo: «Vado all’Università, Giurisprudenza a Sassari. Voglio diventare un magistrato». E dopo la laurea chissà se ci sarà un altro viaggio e per dove: «Per lo Stato non lo sono ma io mi sento italiano. Spero un giorno di diventarlo davvero».

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