Bollette, conguagli illegittimi: ma la colpa non è di Abbanoa – la sentenza
Accolta la class action sulle somme richieste per il periodo 2005-2011: l’ente gestore applicò la delibera di Egas, bocciata dai giudici
Cagliari La seconda sezione civile del Tribunale di Cagliari ha accolto un ricorso presentato da alcuni privati cittadini e dal Comitato Unidos - contro i conguagli Abbanoa (fondato dall’ex presidente della Regione Mauro Pili) e ha stabilito che i conguagli chiesti (e ottenuti) da Abbanoa a oltre diecimila suoi utenti per il periodo 2005-2011 non erano dovuti.
La sentenza di primo grado è stata emessa dal collegio, presidente Maria Grazia Cabitza, a latere i giudici Paolo Piana e Paolo Corso. La vicenda riguarda le bollette che Abbanoa nel 2014 aveva inviato a diverse decine di migliaia di utenti come conguaglio per partire riguardanti gli anni 2005-2011. Allora Abbanoa aveva applicato la delibera della sua autorità di gestione Egas, che è stato infatti disapplicata dal Tribunale.
Nella sentenza di 43 pagine i giudici del tribunale civile ritengono infatti illegittima la delibera del Commissario straordinario del servizio idrico per la Sardegna del 26 giugno 2014, perché «l’Autorità d’ambito sarda, nella determinazione della somma pari a complessivi 106,71 milioni di euro dovuta a titolo di partite pregresse per il periodo 2005-2011, non ha correttamente applicato la metodologia tariffaria delineata dal cosiddetto metodo tariffario normalizzato. Ne consegue che nel presente giudizio quella delibera deve essere oggetto di disapplicazione in quanto illegittima».
Abbanoa paga quindi per una delibera non sua. La class action viene così applicata perché secondo i giudici di primo grado «Abbanoa non ha dimostrato di aver correttamente applicato il metodo di calcolo delle somme richieste. Per questo motivo il credito vantato deve pertanto ritenersi insussistente». Nel corso delle diverse udienze dal 2017 a oggi la stessa Abbanoa aveva fatto presente ai giudici gli «effetti devastanti» che la condanna avrebbe avuto sulla «stabilità della gestione dell’ente pubblico». In questi anni i giudici hanno anche ricevuto tutti i dati degli oltre diecimila ricorrenti, e proprio per «l’elevatissimo numero di adesioni e le conseguenti attività ancora necessarie in relazione a ciascuna di esse», hanno ritenuto opportuno «in questa fase del procedimento limitarsi all’indicazione del criterio omogeneo cui le parti dovranno attenersi per addivenire ad un accordo che ponga fine alla controversia».
Gli utenti. Adesso non vi sarà alcun ristoro delle somme percepite. Se le parti non dovessero raggiungere un accordo, che implica un esborso forfettario delle somme indebitamente percepite, «sarà indispensabile vagliare, una per una, le posizioni degli aderenti, valutando sia la tempestività delle adesioni sia le prove documentali allegate a sostegno di ciascuna di esse». Il tribunale dovrà cioè verificare che ogni ricorrente sia nelle condizioni di ricevere le somme che loro contestano.
I criteri. Le somme richieste per partite pregresse “conguaglio anni 2005-2011” testimoniate da fatture da chi ha aderito alla class action non sono dovute e Abbanoa è obbligata alla restituzione. La sentenza è così non definitiva, al punto che non sono state definite neppure le spese processuali. Entro 90 giorni le parti dovranno arrivare a un accordo. In mancanza, udienza finale, di primo grado, il prossimo 26 maggio. Ma non è escluso che si vada in Appello e poi in Cassazione, allungando i termini per l’esecutività del procedimento.(gcen)
