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Agli Us Open battè anche la Seles, ora maestra Linda ha scelto Sassari

di Luigi Soriga
Agli Us Open battè anche la Seles, ora maestra Linda ha scelto Sassari

La Ferrando è stata la tennista numero 36 al mondo, ha partecipato al Grand Slam. Aveva cominciato a giocare alla Torres e da piccola in Italia non aveva rivali

22 marzo 2023
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Maglietta Ellesse rossa, gonnellino bianco, fascetta rossa annodata alla Rambo, e i bookmaker che non avrebbero puntato su di lei nemmeno un centesimo. Era il terzo turno dell’edizione 1990 degli Us Open e Linda Ferrando ci arrivò da numero 82 del mondo. Il campo centrale è zeppo. Gli spettatori indossano magliette che rovesciano all’istante la clessidra del tempo, con quelle righe orizzontali scure su cotone bianco. I giudici di linea hanno pantaloni a vita ascellare. Monica Seles era una di quelle tenniste che come metteva piede in campo, abbassava il volume degli spalti. Era una piccola extraterrestre bionda e ricciuta, dall’aria innocua, ma pronta a prendersi il mondo. La campionessa jugoslava, naturalizzata statunitense, aveva appena scritto nella storia un risultato clamoroso: a 16 anni e 4 mesi, si era laureata come la più giovane vincitrice di sempre del Roland Garros. E quel giorno prima ancora di una striscia di 41 vittorie consecutive nel Grande Slam, aveva di fronte a sé una perfetta sconosciuta. Più che un match, una pura formalità. «Cosa pensa di Linda Ferrando?», le chiese un giornalista in conferenza stampa. «Non ne ho idea, non so chi sia».

Nata con la racchetta Linda Ferrando è ligure, ora ha 57 anni, vive a Lu Bagnu (Castelsardo), ed è maestra di tennis all’Accademia di Sassari. Nella sua carriera ha giocato contro le più forti tenniste: Navratilova, Evert, Graff. Ha girato il mondo partecipando ai principali eventi del Grande Slam, Wimbledon, Us Open, Roland Garros, Australian Open, e, l’anno prima di ritirarsi, a soli 29 anni, è stata numero 36 al mondo. «Ho cominciato a giocare prestissimo, a 5 anni, con una mia amica. Poi i miei genitori da Genova si sono trasferiti a Sassari per lavoro. Avevano un deposito di abbigliamento prêt-à-porter. Io misi le cose in chiaro: a me non va di trasferirmi, lo faccio a una condizione: che appena arriviamo a Sassari mi iscriviate in un circolo di tennis». È così che finisce alla Torres, nelle mani di Mino Piu, maestro storico che ha plasmato generazioni di racchette. «Mamma e papà lavoravano, e io trascorrevo interi pomeriggi ai campi. Appena ce n’era uno libero, io mi fiondavo per giocare. Ero una stalker, chiedevo a tutti di palleggiare». E se non c’era uno sparring partner in carne e ossa, c’era sempre il muro a far da metronomo a un talento che cresceva. «Dai sei anni sino agli under 12 non avevo avversari. Ho vinto praticamente tutto, non solo in Sardegna, ma anche ai nazionali. Campionessa italiana di singolo, doppio e doppio misto». È lì che il maestro Mino Piu, a malincuore, suggerisce di cambiare lidi. «Se volevo crescere, se volevo seguire le mie ambizioni, avevo bisogno di confrontarmi con altre giocatrici. Avevo talento, ho sempre visto il tennis come il mio lavoro, era il momento di mettermi alla prova. A 12 anni decisi di tornare a Genova e vivere dai miei nonni».

La nuova stella L’Italia, in quegli anni, respira il tennis. Ci sono idoli che fanno battere il cuore. C’è Bertolucci, Panatta. «Io avevo Martina Navratilova. È stata di grande ispirazione, avevamo un gioco simile, anche io prediligevo il serve and volley. Una volta, prima che si ritirasse, l’ho incontrata in singolo in un torneo. Ho perso, ma poi è successa una cosa incredibile: mi chiama, mi fa i complimenti e mi chiede di allenarci insieme, per prepararsi alle partite successive». Linda Ferrando per quei tempi ha un gioco moderno: ha un buon servizio, che segue a rete con fiducia. Oppure conquista metri di campo con una smorzata lenta, di quelle che non arrivano mai. E poi è chirurgica nelle volee. Ma soprattutto non molla un punto. È tenace, ha carattere, è un’avversaria fastidiosa. Pian piano passa i turni e scala il ranking mondiale. Ed è così che quel giorno, nel 1990, incrocia Monica Seles nel centrale degli Us Open. «È vero, lei disse di non ricordarsi di me, ma in verità ci conoscevamo. Una volta avevamo scambiato insieme, e lì mi ero accorta che non era imbattibile. Certo, aveva un anticipo pazzesco, precursore del gioco contemporaneo. Ma soffriva il mio approccio a rete, le palle alte e arrotate sul rovescio, e soprattutto i cambi di ritmo».
Us Open 1990 Il campo centrale degli Us Open ha migliaia di posti, tutti occupati. Se si aggiungono decine di telecamere e i televisori di mezzo mondo sintonizzati sull’evento, gli occhi puntati sono milioni. «Sentivo la pressione, sapevo che tutti mi avrebbero guardato anche da casa, avevo paura di fare brutta figura. E quel campo era immenso, dietro le linee di fondo c’erano praterie. Non avevo punti di riferimento». Così il primo set fila via come da copione, 6-1, con la Seles che bombarda da fondo e la prende a pallate. Ma poi, nel secondo accade il miracolo. La bimba ricciolina fa qualche errore, perde sicurezza, e Linda prende in mano il gioco. Le restituisce il favore: 6-1. Il centrale è annichilito. Il terzo e decisivo set è in perfetto equilibrio. Le telecamere inquadrano Linda Ferrando prima di un servizio. Ha la palla in mano, ha chiuso gli occhi, ed è come si auscultasse. Sente il cuore battere, la biella del suo motore pompare grinta, la lancetta della fiducia si alza. «Ce la puoi fare, Linda», si ripete. «La puoi battere». Una genovese-sassarese a far la voce grossa negli Usa, come una fetta di fainè a dettare legge nella patria degli hot-dog. Sognare non è più vietato. Sono 5-4 per la Seles, cambio di campo. La giornalista della Tv Usa allunga il microfono alla mamma di Linda, terza fila sugli spalti. Ha un cappellino rosso con visiera, grande come un abuso edilizio. Mastica chewingum e parla della partita come fosse una pratica delle poste, manca solo il timbro per sbrigarla: «Ho visto mia figlia giocare meglio. Peccato per quella palla break, poteva chiudere la partita». Arriva il primo match point, la Seles lo annulla. Arriva il secondo. Questa volta è Linda a fallirlo in maniera sanguinosa. Si mette le mani in testa. Ma poi al tie-break arriva il terzo match point: Linda attacca con un back profondo e il rovescio della Seles si schianta sul nastro. Il centrale si alza in piedi. Per l’italiana è una standing ovation.

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