La Nuova Sardegna

La lotta al tabacco

Un sardo su tre fuma e i divieti sono ancora blandi

di Claudio Zoccheddu
Un sardo su tre fuma e i divieti sono ancora blandi

Il 30 per cento è tabagista sin da giovanissimo. Gran Bretagna e Portogallo: futuro senza sigarette

26 aprile 2024
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Sassari La prima volta che si accende una sigaretta generalmente è per vedere di nascosto l’effetto che fa, un po’ come andare allo zoo comunale di Enzo Jannacci. Poi, però, la sigaretta diventa un modo per darsi un tono e sentirsi più adulti e alla fine ogni scusa diventa buona per offrirsi una gratificazione personale, per calmarsi o anche solo per ingannare il tempo. Risultato: circa 480mila sardi fumano abitualmente con il 49 per cento dei fumatori sardi che ha acceso la prima sigaretta prestissimo, tra i 15 e i 18 anni. Un esordio precoce che si traduce, secondo le statistiche elaborate dall’Osservatorio epidemiologico regionale e dall’Eurispes, nel 30 per cento dei sardi che sono finiti nel tunnel del tabagismo, con il picco percentuale tra i 25 e i 34 anni. Numeri impressionati che fotografano l’effetto che fa, appunto, un pessimo vizio che spesso porta in dote enormi problemi di salute. Meglio evitare, insomma. Anche se, per sfuggire al fascino del fumo può essere utile un aiuto. Per questo la lotta al tabagismo è un argomento in costante evoluzione, con soluzioni sempre più estreme da spendere sull’altare della salute dei cittadini. In Sardegna ci sono diversi esempi di tolleranza zero nei confronti dei fumatori, ormai vetusti in moltissime spiagge dell’isola che, però, spesso mantengono un angolino (dotato di posacenere) dove i forzati del tabacco possono consumare la loro “bionda”. Da Olbia, poi, lo scorso anno era arrivata l’ordinanza del sindaco che vietava il fumo anche negli spazi esterni di bar, ristoranti e hotel. Niente di eccessivo. Ma mentre l’isola sonnecchia in una nuvola di fumo, dal resto del Paese arrivano notizie di divieti a macchia d’olio, imposti dalle singole amministrazioni comunali dopo che il divieto di fumo al chiuso voluto vent’anni fa dall’allora ministro della Salute, Girolamo Sirchia, non aveva generato alcuna scia di norme nazionali.

Italia Nel Belpaese si discute sulle distanze. Il comune di Milano, ad esempio, nel 2021 ha introdotto il divieto di fumo all’aperto ma solo se la sigaretta viene accesa a meno di dieci metri dalle persone che sono nelle aree verdi, nelle fermate dei bus, nei parchi per i bambini, allo stadio o nei cimiteri. Anche Torino ha da poco deliberato a favore di un divieto simile, che però è stato ridotto ad una distanza di 5 metri. I primi a mettere in pratica il divieto di fumo all’aperto, tuttavia, erano stati gli amministratori comunali di San Lazzaro di Savena, nel Bolognese, già nel 2014.

Europa La primogenitura del divieto di fumo nei luoghi chiusi, pubblici o di lavoro, è irlandese ed è in piedi dal 2004. Il Paese più deciso, tuttavia, sembra il Portogallo che ha vietato tutti i prodotti a base di tabacco anche all’aperto nei pressi degli edifici pubblici e che dall’anno prossimo ridurrà gli esercizi commerciali autorizzati a vedere questi prodotti, limitando la distribuzioni alle tabaccherie e agli aeroporti con l’obiettivo di diventare un “Paese senza fumo” entro il 2040.

Gran Bretagna Recentissima, invece, la proposta di legge del primo ministro Rishi Sunak che intende vietare la vendita delle sigarette a tutti i ragazzi che raggiungeranno il 15esimo anno di età dopo il 2024. Quindi, tutti i nati nel Regno Unito successivamente al 1° gennaio del 2009 non potranno acquistare sigarette, normali o elettroniche. L’obiettivo è azzerare il tasso di fumatori tra i 14 e i 30 anni entro il 2040.

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