La Nuova Sardegna

Il caso

Semaforo rosso alle etichette irlandesi, dissenso da parte dei paesi produttori di vino

di Roberto Furesi e Pietro Pulina
Semaforo rosso alle etichette irlandesi, dissenso da parte dei paesi produttori di vino

Silenzio assenso della Commissione europea

25 maggio 2023
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Grazie al silenzio-assenso della Commissione europea, dal 2026 tutti gli alcolici venduti in Irlanda dovranno recare in etichetta una chiara indicazione circa i rischi sanitari legati al loro consumo. La segnalazione sarà esplicitamente riferita alle donne in gravidanza e alla possibilità di contrarre malattie epatiche e tumori. Fin dall’avvio dell’iter legislativo – la notifica alla Commissione UE risale al giugno 2022 – Italia, Francia e Spagna, ovvero i maggiori produttori europei di vino, hanno manifestato apertamente il loro dissenso.

Dopo il varo della legge, alla protesta si sono uniti altri 6 paesi – Bulgaria, Grecia, Rep. Ceca, Ungheria, Slovacchia e Portogallo – che chiedono all’Ue di riesaminare, e possibilmente bloccare, la scelta irlandese. In Italia, le reazioni alla decisione assunta dall’Irlanda sono state decise. Coldiretti paventa danni notevolissimi al nostro export. Federvini chiede formalmente alla Commissione Ue di avviare una procedura di infrazione contro l’Irlanda per violazione del diritto comunitario sulla libera circolazione delle merci. Il ministro Lollobrigida, dopo aver ricordato che gli irlandesi «… non producono vino, o almeno quello fatto dall’uva, e … usano la birra per idratarsi», individua nell’iniziativa una chiara manovra per sostituire il nostro vino con i loro distillati. La questione, come si può comprendere, è assai più complessa di quanto la si voglia far apparire. Essa chiama in gioco, prima di tutto, lo spinoso argomento dei cosiddetti alert sanitari e, più in generale, dell’etichettatura nutrizionale, sui quali, come è noto, le posizioni, almeno in Europa, sono tutt’altro che allineate.

C’è poi il tema relativo all’efficacia di queste misure, come dimostra, ad esempio e a dispetto di quanto investito sul piano educativo e informativo, l’aumento continuo della quota di popolazione obesa, in vent’anni passata in Italia dall’8,5 al 12%. E allora, se è vero che oggi il consumatore è più attento, esigente e informato, qualcosa evidentemente non funziona, ed è proprio l’informazione. Parliamo di uno strumento potente, più che mai nell’epoca della sua diffusione capillare a basso costo, qual è quella che stiamo vivendo. Chiunque può confezionare una notizia falsa, corredarla eventualmente di immagini altrettanto fasulle, immetterla in rete e raggiungere l’altro capo del mondo con l’aura della credibilità. Il punto è che, in questi tempi affannati, nessuno si ferma più a leggere con attenzione: anche i quotidiani hanno imparato ad avvisare il lettore che la lettura dell’articolo lo impegnerà per pochi minuti. Il consumatore, insomma, è sì informato, ma ha pure fretta: scatta allora la sintesi, che prende la forma del semaforo nutrizionale o di altri messaggi di impatto, che necessariamente, spesso volutamente, oscurano parti importanti dell’informazione, risultando spesso addirittura fuorvianti.

A complicare il quadro concorre la reazione del destinatario del messaggio, il quale seleziona gli stimoli comunicazionali al fine di consolidare le proprie convinzioni e li veicola in percorsi logici conservativi o assolutori. Ad esempio, è dimostrato che l’impatto negativo degli avvisi apposti sui pacchetti di sigarette sono stati efficaci in prima battuta, ma che sono ben presto intervenuti due fattori comportamentali a limitarne la ricaduta. Il primo è connesso alla progressiva abitudine, divenuta assuefazione, alla presenza del messaggio sulla confezione. Il secondo riconduce alla cosiddetta “dissonanza cognitiva”, che induce il fumatore a trovare alibi al proprio comportamento, magari ricorrendo a prodotti “light”. Perciò, se fossimo nel ministro non ci preoccuperemmo più di tanto: gli irlandesi continueranno ad apprezzare il nostro vino. Piuttosto, cercheremmo di essere coerenti nelle raccomandazioni nutrizionali, che a giorni alterni invocano la tutela del consumatore (come nel caso delle carni sintetiche) oppure del produttore (come accade per il vino). Non c’è dubbio: lui conosce bene la potenza della comunicazione.

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