La Nuova Sardegna

Oristano

La sentenza

Impianto di energia termodinamica a San Quirico, i giudici ribaltano la decisione

di Michela Cuccu
Collettori solari come quelli dell’impianto che nascerebbe a San Quirico
Collettori solari come quelli dell’impianto che nascerebbe a San Quirico

Dopo un lunghissimo contenzioso la Solar Power può realizzarlo: sarà misto solare e termodinamico

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Oristano Clamorosa svolta nella lunga e controversa vicenda dell'impianto solare termodinamico di San Quirico Solar Power. Con una sentenza depositata martedì, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello della società, spazzando via il diniego all’autorizzazione unica precedentemente espresso dalla Regione. La decisione annulla le determinazioni regionali del 2019, imponendo di fatto il riavvio immediato del procedimento per la realizzazione dell’impianto di oltre 10 megawatt. Il progetto dell’impianto che dovrebbe sorgere nelle campagne tra San Quirico e Tiria su 55 ettari di zona agricola, aveva acceso per anni un fronte di opposizione vastissimo. Se l’iniziativa si presentava come innovativa, in quanto utilizza i sali fusi in sostituzione dell’olio diatermico, inserendosi «fra le più innovative» tecnologie nel campo del solare termodinamico, dall’altro la sua collocazione era duramente contestata da enti come il WWF e la Coldiretti.

Il presidente del Comitato per la salute e la qualità della vita, Antonello Garau, è stato tra i più battaglieri, ribadendo un concetto che resta valido per i comitati: «Le centrali non devono essere realizzate sui terreni agricoli». Il nodo centrale della controversia legale risiedeva nella presunta indisponibilità delle aree. L’avvocato Piero Franceschi, che ha patrocinato la società insieme al collega Fabrizio Viola, ha chiarito i contorni del doppio colpo inferto dal Consiglio di Stato. I giudici hanno stabilito la piena disponibilità dei terreni annullando gli atti che bloccavano il progetto e chiarendo due aspetti cruciali. Anzitutto, hanno ritenuto che l’accordo con la Asl Oristano per la concessione del diritto di superficie fosse valido e perfezionato, poiché l’accettazione scritta da parte dell’Asl costituiva un «accordo contrattuale ai sensi del Codice Civile». La decisione si basa però soprattutto sul fatto che la Regione aveva negato l’autorizzazione basandosi sulla decadenza della concessione comunale, un atto che era già stato annullato in separata sede dal Tar.

Per i giudici di Palazzo Spada, i provvedimenti comunali di decadenza costituivano «unico sostegno della posizione regionale al riguardo manifestata». La strada è stata spianata anche sul piano ambientale e paesaggistico. Il Servizio Valutazioni ambientali della Regione, supportato dal ministero della Cultura e del paesaggio, aveva in precedenza concluso che l’area era stata ritenuta «abbastanza ordinaria, priva di essenze di coltivi di particolare pregio», e aveva stabilito che non vedeva una superficie in Sardegna, non ubicata in zona industriale, «maggiormente deputata all’insediamento di un impianto simile». L’avvocato Piero Franceschi ha voluto sottolineare con forza le «notevoli ricadute finanziarie» e i «fortissimi vantaggi economici» che la realizzazione porterebbe a Oristano. Erano stati stimati incassi diretti per il Comune di 1 milione e mezzo di euro come importo minimo garantito dalla convenzione, a cui si aggiungono circa 4 milioni e 400mila per Imu e 770mila perTasi, senza contare i benefici indiretti come la manutenzione e ricostruzione di strade e canali di scolo per un controvalore di circa due milioni. La palla torna ora all’amministrazione con l’obbligo di avviare con urgenza il procedimento per l’autorizzazione.

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