La Nuova Sardegna

Il caso

Un bambino scalzo e spaventato: perché Natalino Mele fu graziato dal Mostro di Firenze

di Silvia Sanna
Un bambino scalzo e spaventato: perché Natalino Mele fu graziato dal Mostro di Firenze

L’esame del Dna riapre la pista sarda che vide al centro i fratelli Vinci di Villacidro

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Sassari «Mio padre è a casa ammalato, mamma e zio sono morti in macchina. Tenetemi con voi». Era scalzo e spaventato Natalino Mele quando bussò alla porta della prima casa che incrociò nella sua fuga. Erano le due del mattino e poco più di un’ora prima il bambino, sette anni non ancora compiuti, era stato svegliato di soprassalto mentre dormiva nel sedile posteriore della Giulietta parcheggiata accanto a un torrente. Otto spari, otto colpi di pistola che non lasciarono scampo alla madre di Natalino, Barbara Locci - sarda originaria di Villasalto -, e ad Antonio Lo Bianco, l’uomo con cui si era appartata. Il killer risparmiò il bambino e subito ci si chiese il perché. A dare la risposta potrebbe essere l’esito clamoroso del test del Dna eseguito proprio su Natalino. Mele di cognome all’anagrafe ma figlio, in realtà, di un altro uomo: Giovanni Vinci. E chi ha ucciso la madre e il suo amante forse lo sapeva e per questo lo salvò. Era la notte fra mercoledì 21 e giovedì 22 agosto 1968. Il duplice omicidio di Castelletti di Signa fu il primo della lunga serie attribuita al “mostro di Firenze”. Ora quel test del Dna riapre la pista sarda, che vide al centro proprio i fratelli Vinci di Villacidro.

Il Dna La comparazione non è stata semplice, perché Natalino dopo quella notte e un lungo periodo vissuto in collegio, sparì lontano dai radar. Quello che riteneva suo padre, Stefano Mele, fu arrestato e condannato per l’omicidio della moglie e di Lo Bianco. Mele, affetto da un ritardo mentale, dopo avere fornito varie versioni confessò il delitto salvo poi ritrattare. Ebbe uno sconto di pena, quello allora previsto per i delitti d’onore. Natalino rimase solo con i suoi fantasmi: «Sogno tutte le notti quel momento, gli spari, mia madre morta», rivelò in una delle pochissime interviste rilasciate negli ultimi anni. Qualche giorno fa Natalino ha scoperto che il suo padre biologico non è Stefano Mele ma Giovanni Vinci. A eseguire il test è stato il genetista Ugo Ricci, lo stesso che ha ritrovato nel caso Garlasco il dna di Andrea Sempio sotto le unghie di Chiara Poggi. «Io questo Giovanni Vinci non so chi sia – ha detto Natalino appena ricevuta la comunicazione dalla procura di Firenze – non l’ho mai visto». Più familiari per lui i nomi e i volti dei fratelli di Giovanni, Francesco e Salvatore: entrambi furono indagati per il duplice delitto di Signa e Francesco più volte chiamato in causa per gli altri omicidi commessi dal “mostro”.

Giovanni Vinci Il padre naturale di Natalino - così dice il test del Dna - non fu invece mai indagato. Era il maggiore della famiglia e come gli altri aveva una relazione con Barbara Locci, la madre di Natalino. La donna, soprannominata l’ Ape regina, aveva più amanti occasionali, una situazione che il marito tollerava. Ma quando fu uccisa Stefano Mele puntò il dito contro Salvatore e soprattutto contro Francesco Vinci: «E’ stato lui - disse - era geloso di Lo Bianco e perseguitava mia moglie, l’aveva anche minacciata di morte». I due fratelli Vinci risultarono estranei, entrambi avevano alibi di ferro.

La pista sarda Fu seguita a lungo dagli inquirenti, con il nome di Francesco Vinci che ritorna più volte nelle carte dell’inchiesta sugli 8 duplici omicidi commessi dal mostro di Firenze: Vinci ebbe anche un legame indiretto con Pietro Pacciani, il primo mostro condannato all’ergastolo e poi assolto. Ora ritorna da protagonista una figura rimasta sinora sempre in secondo piano: Giovanni Vinci. Padre segreto del bambino che quella notte fuggì scalzo, terrorizzato, il rumore degli spari nella testa e la morte nel cuore.

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