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Il rapporto

Sanità, in Italia 5,8 milioni di persone rinunciano alle cure: in Sardegna il dato più alto

Sanità, in Italia 5,8 milioni di persone rinunciano alle cure: in Sardegna il dato più alto

A non sottoporsi alle visite sono più le donne che gli uomini: i numeri allarmanti del presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli durante l’audizione sulla Manovra alle commissioni Bilancio di Camera e Senato

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Sassari Rinuncia alle cure, i dati sono allarmanti. Ad illustrarli è stato il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli durante l’audizione (ieri 7 novembre) sulla Manovra alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Nel 2024 un italiano su 10 ha dichiarato di aver rinunciato a visite o terapie a causa delle liste d'attesa eccessive e dei costi troppo elevati. In Sardegna il tasso è il più alto d'Italia: quasi un sardo su cinque (il 17,2%) ha rinunciato a visite o accertamenti (la maggior parte donne). Il dato del 2023 era del 13,7%.

I dati Istat

Le difficoltà di accesso ai servizi sanitari per le lunghe liste di attesa sono aumentate dopo la pandemia da Covid-19. L’Indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana” consente di monitorare questo fenomeno dal punto di vista dei cittadini, raccogliendo informazioni sulle persone che, pur avendone bisogno, hanno dovuto rinunciare a un accertamento diagnostico o a una visita specialistica (escluse le visite odontoiatriche).

Nel 2024, il 9,9% delle persone ha dichiarato di aver rinunciato a curarsi per problemi legati alle liste di attesa, alle difficoltà economiche o alla scomodità delle strutture sanitarie: si tratta di 5,8 milioni di individui, a fronte di 4,5 milioni nell’anno precedente (7,6%). La rinuncia a causa delle lunghe liste di attesa costituisce la motivazione principale, indicata dal 6,8% della popolazione, e risulta anche la componente che ha fatto registrare l’aumento maggiore negli ultimi anni: era il 4,5% nel 2023 e il 2,8% nel 2019. La rinuncia in conseguenza delle lunghe liste di attesa è più elevata per le persone adulte di 45-64 anni (8,3%) e tra gli anziani di 65 anni e più (9,1%). Il fenomeno è più diffuso tra le donne (7,7%), sia nelle età centrali (9,4% a 45-64 anni) sia in quelle avanzate (9,2% a 65 anni e più).  

  • In Sardegna dato choc

Nel 2024 il problema ha interessato il 6,9% dei residenti nel Nord, il 7,3% nel Centro e il 6,3% nel Mezzogiorno; rispetto a cinque anni fa i valori risultano decisamente più elevati: nel 2019 la quota era 2,3% al Nord, 3,3% al Centro e 3,1% nel Mezzogiorno. Le disuguaglianze territoriali sono marcate: in Sardegna si registra il dato più alto con il 17,2% della popolazione coinvolta, contro il 5,3% della Provincia Autonoma di Bolzano. Anche il genere incide: rinunciano più le donne (11,4%) rispetto agli uomini (8,3%).
Nel Centro Italia, la quota di donne che rinunciano sale al 13%, mentre nel Mezzogiorno si registra il valore più basso tra gli uomini (8,5%). Le motivazioni variano: al Centro e al Nord prevalgono le liste d’attesa, mentre nel Sud le rinunce si distribuiscono equamente tra motivi economici e tempi di attesa.

  • Liste d’attesa lunghe

La rinuncia a prestazioni sanitarie per problemi di liste di attesa non ha una connotazione precisa in termini di diseguaglianze socioeconomiche; considerando il titolo di studio come proxy dello status socioeconomico dell’individuo, nel 2024, si rileva un gradiente decrescente passando dalle persone con un basso livello di istruzione a chi possiede un titolo di studio elevato solo tra le donne di 65 anni e più. Tra queste, rinuncia a servizi sanitari ambulatoriali per le lunghe liste di attesa una quota pari al 9,6% delle donne con titolo di studio fino alla licenza media inferiore, l’8,8% di chi possiede non oltre un diploma di scuola secondaria superiore e il 7,1% di coloro che possiedono almeno un titolo di istruzione terziario. (ilenia mura)

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