La Nuova Sardegna

L'intervista

Gloria Guida: «Da dj al Ritual alle nozze a Olbia: la Sardegna è sempre dentro di me»

di Alessandro Pirina
Gloria Guida: «Da dj al Ritual alle nozze a Olbia: la Sardegna è sempre dentro di me»

L'attrice festeggia 70 anni: «Ma mi sento ancora una bambina. E come regalo vorrei un bel ruolo da nonna al cinema»

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«Per la Nuova Sardegna io ci sono sempre». Gloria Guida non lo dice tanto per dire. Il suo amore per l’isola dura da decenni, da ben prima di diventare la liceale più amata dagli italiani, l’attrice simbolo di quella commedia sexy che ha fatto, a modo suo, la storia del cinema italiano. L’icona di un’epoca indimenticabile che domani, malgrado la sua bellezza sembri dire il contrario, compie 70 anni.

Gloria, cosa rappresenta per lei questo compleanno?
«Mi fa un po’ di effetto questo cambiamento della decina. Certo, il 7 è il mio numero portafortuna, corrisponde alla G. Ma parlando di età mi fa strano, perché ancora mi sento la bambina che vuole vicina la sua mamma, che purtroppo ho perso pochi mesi fa. Mi diceva: “Gloria, tra un po’ saranno 70, come passa il tempo, cerca di volerti bene che io un’altra Gloria non me la posso più fare”. Mi spiace tanto non ci sia lei al mio fianco, mi manca tanto».

Quella Gloria bambina sognava il mondo dello spettacolo?
«Non pensavo proprio di intraprendere questa strada. Amavo il canto, lo studiavo, ma se non ci fosse stato mio padre a spingermi non avrei mai fatto questo lavoro. Io volevo diventare commessa della Standa. Poi negli anni è capitato altro ed è nata questa passione che ancora mi porto dietro».

Il suo primo ricordo sardo?
«Arrivammo con il traghetto in cinque: io, mio padre, mia madre, mio fratello e il nostro cane, Jeff. Era la prima volta in Sardegna per tutti. Noi, bolognesi, eravamo abituati alla Romagna, il mare che conoscevamo era quello. Sbarcammo dopo una traversata di ore, compresa un’ustione al sole. Volevamo scappare. Mio padre doveva lavorare come barman e ci avevano dato una casetta in cui non c’era niente. Ricordo che mia madre aveva questo barattolo vuoto di biscotti Doria che riempivamo di pomodori raccolti in orti abbandonati tra Golfo Aranci e Baja Sardinia, ci sedevamo tutti intorno alla tavola e mangiavamo. Poi papà ha iniziato la stagione ed è arrivato anche qualche soldino in più. Nonostante tutto, erano anni bellissimi, si stava bene con il poco che si aveva. E giorno dopo giorno l’amore per la Sardegna è cresciuto e non ci ha mai abbandonato».

Il nome di suo padre è legato anche al Ritual di Baja Sardinia.
«Fu aperto da lui qualche anno dopo. Quel pazzo scatenato di Andre Fiore aveva comprato questa grotta meravigliosa, solo rocce, che aveva deciso di trasformare in un locale. Erano in ritardissimo con i lavori ma mio padre aveva fretta e aprirono. Lui era il barman, io facevo la disc-jockey con la moglie di Andre. Nel locale non c’erano nemmeno porte, ogni notte chiudevamo l’ingresso con le cassette di birra e coca cola. Fu un successo strepitoso».

Amatissimo dai vip della Costa.
«Ricordo al Ritual anche Karim Aga Khan. Ma mio padre mi raccontò anche che una sera si presentò la principessa Margaret, sorella della regina Elisabetta. A un certo punto doveva andare in bagno ma servizi non ce n’erano. Mio padre le disse: “principessa, non si preoccupi, l’aiuto io”. La portò dietro alcune rocce, la coprì con un asciugamano e Margaret poté fare la pipì».

Nel frattempo nella sua vita entra il cinema: come fu vivere il successo?
«Avevo successo, ma ne ero inconsapevole, non me ne rendevo conto. Facevo questi film di cassetta, ai tempi super criticati, ma poi rivalutati: mi paragono un po’ a Totò, che in vita quasi non lo calcolavano ma poi è diventato un’icona. Io comunque non ho mai dato importanza al successo, all’essere riconosciuta. Sono rimasta Gloria, la ragazzina timida degli inizi anche nei momenti di maggiore popolarità».

E ora che effetto fa essere un’icona di un’epoca?
«Adesso mi sfrego la manina sul petto, mi piace. L’altra sera mi hanno consegnato a sorpresa un Ciak d’oro, un premio del pubblico come attrice simbolo della commedia di quegli anni. La cosa mi ha inorgoglito parecchio».

I film a cui è più legata?
«“Il triangolo delle Bermude” che girai in Messico con John Huston e Marina Vlady. E poi quelli con Renato Pozzetto. Lui è un po’ come me: ci piace questo lavoro, ma è come se fossimo di un altro ambiente. Con lui ho avuto un rapporto splendido e avrei voluto lavorarci ancora. Ci sono andata vicina, ma purtroppo non si è fatto nulla...».

Racconti.
«Pupi Avati aveva scelto mio marito per il film sul padre di Vittorio Sgarbi e aveva scritturato anche me per fare l’infermiera, che nulla avrebbe avuto a che fare con le infermiere dei miei vecchi film (ride, ndr). Johnny poi non se l’è sentita e Avati ha scelto Renato. Io ero felicissima di ritornare a lavorare con lui, ma Pupi mi ha chiamata per dirmi che aveva paura di ricreare la coppia Pozzetto-Guida e mi ha dato il benservito. Ci sono rimasta male, lo ammetto».

Barbara Bouchet ha detto che con lei Quentin Tarantino non si è comportato bene. Lei che ricordo ne ha?
«A me propose di fare “Hostel”, ma era troppo forte e rifiutai. Però quando venne in Italia per “Bastardi senza gloria” chiese di essere intervistato da me. Fu carino. Poi non l’ho più visto».

Un no che le pesa?
«Ne ho detti tanti negli anni in cui avevo deciso di non lavorare. Era nata mia figlia e non mi sentivo più adatta ai ruoli da liceale. Speravo in altre proposte che non sono arrivate e mi fermai. A quel punto ero fuori e ho detto no a diverse fiction che ebbero anche successo. Con il senno di poi avrei dovuto fare uno sforzo e rimanere in contatto con il mio ambiente».

Nel 1979 l’incontro con Johnny Dorelli. A unirvi anche l’amore per la Sardegna. Per Porto Rotondo.
«Ai tempi era più brulla, naturale. Non c’era tutto quello che c’è oggi. Uscivamo al mattino con la nostra barca: bagni, spaghettata e poi a casa. Con Johnny facevamo zero vita mondana. Cene a casa con amici, locali pochi».

E nel 1991 il matrimonio a Olbia davanti al sindaco Gian Piero Scanu.
«Quella scelta dimostra il grande amore per l’isola. Abbiamo scelto insieme di sposarci a Olbia e avere al nostro fianco i tanti amici sardi. L’amore per la vostra terra rimane dentro. Come il mal d’Africa esiste il mal di Sardegna».

Manca da molto tempo?
«Dal 2012, da quando è morto mio papà. Ma la Sardegna è sempre dentro di me».

Da chi vorrebbe ricevere gli auguri per il suo compleanno?
«Da Tarantino, Pupi Avati, da qualche regista che oltre a farmi gli auguri mi proponesse anche una parte importante. Mi piacerebbe iniziare l’anno con un bel ruolo al cinema o in tv di una nonna. Un po’ me lo merito».

E se la chiamasse Carlo Conti?
«Per Sanremo? Sarebbe un sogno, ma ormai non ho più l’età».
 

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