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Sardegna, armi e cocaina: così la criminalità locale fa affari con camorra e ‘ndrangheta

Sardegna, armi e cocaina: così la criminalità locale fa affari con camorra e ‘ndrangheta

In alcuni casi i banditi fanno la voce grossa con i mafiosi: «Pensate di avere a che fare con i ragazzini?»

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Per molti anni la criminalità sarda è stata percepita come un fenomeno a sé, legato al banditismo tradizionale e alle microfaide locali. Negli ultimi vent’anni, però, le indagini hanno svelato un quadro completamente diverso: la Sardegna non è più solo teatro di episodi isolati, ma un nodo operativo e logistico per traffici di droga, armi e capitali, con contatti diretti con clan della camorra, della ’ndrangheta e con organizzazioni straniere, in particolare corse, albanesi e nigeriane.

Le reti locali, prima dedite ai sequestri, si sono evolute, assumendo il ruolo di intermediari tra mafie continentali e mercati internazionali, gestendo approvvigionamento, stoccaggio e smistamento di droga e armi, e offrendo territorio e copertura per operazioni complesse.

I rapporti con camorra e ‘ndrangheta

Gli elementi emersi dalle indagini mostrano che la criminalità sarda non agisce isolata, ma collabora attivamente con organizzazioni mafiose del continente. Anzi, in alcuni casi i banditi sardi fanno la voce grossa.
La camorra ha fornito strumenti, mezzi e know‑how per tentativi di rapina e progetti criminosi complessi. Per esempio, secondo la Dda, la banda del boss di Loculi Giovanni Mercurio si sarebbe affidata alla camorra per reperire un escavatore da utilizzare nell’assalto fallito alla Mondialpol di Cecina nel 2019. In quel caso i napoletani avevano mandato un mezzo troppo leggero per sfondare le mura del caveaux e dalle intercettazioni Mercurio aveva sbottato contro il suo contatto campano: «Hanno mandato un affare per togliere le patate…abbiamo parlato di un 200 quintali in su. Ma pensi di giocare con i ragazzini?».

La ’ndrangheta ha invece integrato i gruppi sardi nelle proprie reti di traffico di droga, utilizzando l’isola come base per stoccaggio, smistamento e riciclaggio. Queste relazioni non si basano su una subordinazione gerarchica, ma su alleanze funzionali, dove ciascuno apporta risorse e competenze: i sardi offrono territorio, copertura e talvolta investimenti, i clan continentali droga, armi e supporto operativo. La Sardegna diventa così un hub strategico per le mafie, punto di collegamento tra traffici nazionali e internazionali.

Il traffico d’armi

Le armi vengono spesso fornite da contatti continentali, in particolare dalla camorra e da altre organizzazioni criminali della Corsica, e vengono poi stoccate temporaneamente in zone rurali, magazzini o immobili privati. Le indagini dimostrano che queste forniture non sono sporadiche: esiste un flusso costante di materiali, coordinato con i traffici di droga, che rende la Sardegna non solo un luogo di transito ma anche un hub operativo per pianificare colpi, trasporti e stoccaggio di armi da guerra e mezzi pesanti, integrando le reti locali con le mafie continentali.

Il via-vai della coca

Per ogni kalashnikov che entra c’è della cocaina che esce.  Le indagini degli ultimi anni mostrano come il traffico di droga in Sardegna sia strutturato e collegato a reti nazionali e internazionali (Albania, Paesi Bassi). Se le armi vengono importante dal Sud Italia e dalla Corsica, con il traffico di droga succede il contrario. Le inchieste hanno mostrato come le organizzazioni locali non solo si occupano della vendita nel territorio (con lo stupefacente importato da Toscana, Calabria e Albania), ma fungono da intermediari e da hub logistico per la cocaina, l’hashish e altre sostanze che arrivano dall’Italia continentale e dall’estero.

Alcuni gruppi utilizzano infatti porti minori, traghetti e punti isolati della costa per far arrivare la droga dalle altre regioni per poi smistarla verso altre destinazioni internazionali. Ovili, immobili rurali e aziende agricole vengono impiegati come depositi o basi operative, mentre la distribuzione sul territorio è affidata a reti locali radicate. Le indagini hanno evidenziato anche l’esistenza di contatti diretti con gruppi campani e calabresi, che forniscono la droga e coordinano parte della logistica, creando un flusso costante di stupefacenti che la criminalità sarda gestisce con strutture piramidali.

Le maxi operazioni

Le inchieste più rilevanti hanno confermato questo modello di collaborazione. L’operazione Monte Nuovo ha smantellato un gruppo che secondo l’accusa è coinvolto anche nel traffico internazionale di cocaina, con ramificazioni in diverse province italiane e contatti diretti con clan campani e calabresi. L’operazione Maddalena ha mostrato l’utilizzo dell’isola come deposito, centrale operativa e di smistamento di armi e droga. Ancora prima, nel 2003, però lo aveva mostrato l’operazione San Gavino, come gruppi del Sud si servano di affiliati sardi per gestire traffico di droga, armi e capitali. Infine, la Platinum Dia, ha confermato la presenza stabile di referenti della ’ndrangheta nel sud e nel nord dell’isola con basi operative in zone come Alghero e Porto Torres e connessioni con altri Paesi.

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