La Nuova Sardegna

L’allarme

Cambiano i criteri per i Comuni montani, a rischio i fondi per la Sardegna

di Massimo Sechi
Cambiano i criteri per i Comuni montani, a rischio i fondi per la Sardegna

La denuncia: «Molti paesi che vivono situazioni di disagio potrebbero non ricevere più risorse per servizi essenziali»

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Sassari Una legge che dovrebbe contrastare lo spopolamento e che invece in Sardegna rischia di creare conseguenze ancora più negative per i Comuni delle zone interne. Approvata a settembre, e proposta dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, è la normativa che darà accesso a una serie di misure economiche di fondamentale importanza per i comuni montani.

Ci sono in tutto a disposizione 200 milioni di euro, ma il problema è che i criteri che porteranno a classificare i Comuni come montani saranno molto più stringenti di quelli attuali. E così la conseguenza è che tante realtà dell’isola, che fino a oggi potevano accedere ai fondi del Fosmit (il Fondo per lo Sviluppo delle Montagne Italiane), con la nuova classificazione verrebbero estromessi. I nuovi criteri, annunciati da Calderoli, prevedono che per essere classificato come montano un Comune deve avere almeno il 25% di superficie sopra i 600 metri e il 30% con un 20% di pendenza. Un secondo criterio è che debba avere un’altimetria di 500 metri. Il terzo è essere circondato da montagne.

«Se pensiamo alla Sardegna, non possiamo ridurre il concetto di montagna a un dato altimetrico o alla pendenza di un territorio: le zone interne dell’isola vivono condizioni di spopolamento, carenza di servizi e isolamento che sono identiche a quelle di piccoli Comuni montani di altre regioni italiane, e ignorare questi fattori significa rischiare di lasciare indietro intere comunità», afferma la presidente di Anci Sardegna Daniela Falconi che, come sindaca di Fonni vedrebbe ovviamente confermato il suo Comune tra quelli montani ma da rappresentante delle amministrazioni locali dell’isola vede con chiarezza i rischi che la norma può portare.

«Rispetto alla prima ipotesi, che guardava esclusivamente all’altezza e alla pendenza – afferma Falconi – è sicuramente positivo che siano state introdotte altre variabili, come l’orografia del territorio o il fatto di essere circondati da aree montane. Detto questo, se guardiamo alla Sardegna, io credo che tutte le zone interne vadano considerate con grande attenzione, perché presentano caratteristiche tipiche delle aree montane».

La questione diventa quindi delicata dal punto di vista economico. «Parliamo di risorse, quelle che venivano erogate dal fondo Fosmit, che venivano destinate soprattutto a comunità montane e unioni di Comuni per la realizzazione di progetti. Nell’ultima annualità i fondi assegnati alla Sardegna si aggiravano intorno ai 18 milioni di euro, a cui la Regione ha spesso aggiunto ulteriori risorse dal proprio bilancio, rendendo i bandi più consistenti. Ora il rischio è molto concreto: comuni che già soffrono condizioni di svantaggio potrebbero non accedere più a misure importanti, che riguardano non solo i finanziamenti, ma anche ambiti come l’istruzione, la sanità, la fiscalità di vantaggio.

Sono strumenti fondamentali per contrastare lo spopolamento e garantire servizi essenziali, anche per rendere attrattivi questi territori per professionisti come i medici». Anci Sardegna ha già fatto sentire la propria voce: «lo abbiamo fatto all’interno di Anci nazionale – spiega la presidente di Anci Sardegna – che ha un proprio delegato nella Conferenza Stato-Regioni. Abbiamo chiesto con forza che i criteri non siano esclusivamente legati all’altimetria. Questo ha portato a un ripensamento, tanto che il primo Dpcm è stato superato per arrivare a una nuova proposta. È sicuramente più articolata, ma rischia comunque di tenere fuori molti Comuni, anche in Sardegna. Auspichiamo è che non si proceda con un elenco rigido di Comuni ammessi o esclusi, ma con criteri che permettano alle Regioni di orientare le misure in base alle reali condizioni dei territori».

L’obiettivo non è cercare di far rientrare tutti tra i comuni montani: «ma ci sono territori che hanno bisogni evidenti e che non possono essere trascurati. La montagna, o le aree svantaggiate, sono luoghi dove la vita è più dura, e questo deve essere il punto di partenza. Capisco l’esigenza di criteri oggettivi – conclude Falconi – ma per me l’assunto di base deve essere un altro: sono aree montane o svantaggiate quei luoghi in cui vivere è più difficile. È questo che dovrebbe guidare le scelte politiche».

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