La Nuova Sardegna

Sassari

Il duplice omicidio di Nule e Orune

Dieci anni senza Stefano Masala: «Un dolore senza fine»

di Nadia Cossu

	Stefano e il padre Marco Masala
Stefano e il padre Marco Masala

Lo strazio del padre Marco e della famiglia: il ragazzo fu ucciso ma il suo corpo non è stato mai ritrovato

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Sassari 7 maggio 2015-7 maggio 2025. Dieci anni senza Stefano Masala, dieci anni senza risposte, senza un solo giorno di sollievo. Ma, soprattutto, dieci anni senza una tomba su cui piangere. «Il dolore? Non si placa mai, nemmeno per un istante. E oggi è intenso come allora». Marco Masala, padre di Stefano, il 29enne di Nule ucciso – come hanno stabilito tre gradi di giudizio – da Paolo Enrico Pinna e Alberto Cubeddu, ha lottato a lungo per far sì che le persone ritenute responsabili di due omicidi (a quello di Stefano deve infatti aggiungersi il delitto dello studente 19enne di Orune Gianluca Monni) venissero condannate.

E almeno nelle aule dei tribunali la giustizia l’ha ottenuta: condanna a vent’anni per Pinna (che aveva 17 anni all’epoca dei fatti ed è stato giudicato dal tribunale dei minorenni col rito abbreviato) e all’ergastolo per il cugino Cubeddu, di Ozieri, 19enne nel 2015. Ma oggi, a distanza di dieci anni da una vicenda tanto drammatica, è come se la rabbia e la determinazione che hanno sempre contraddistinto Marco Masala e la sua famiglia, avessero lasciato spazio alla rassegnazione.

«Quando la sofferenza che hai dentro non trova pace, quando aspetti per anni che qualcosa accada, quando provi di tutto per trovare tuo figlio ma ogni sforzo si tramuta nell’ennesima delusione, allora perdi la speranza...». Che è la benzina che muove anima e corpo. E ti chiudi nel silenzio. Perché questo hanno scelto di fare il padre, il fratello e le sorelle (di cui una gemella) di Stefano. Hanno come apposto un sigillo di dolore nel petto, incapaci di coltivare ancora fiducia e aspettative. «E quando arriva maggio tutto si amplifica...».

Perché maggio non è solo il mese della scomparsa di Stefano. È anche il mese in cui Marco ha perso la sua adorata moglie Carmela. E Giuseppe, Alessandra e Valentina la loro mamma. Carmela Dore è morta il 24 maggio del 2016. Aveva 59 anni e si era ammalata poco dopo la sparizione di suo figlio. Non si era resa conto che il dolore dell’attesa lasciava dei terribili solchi nel suo corpo. Col volto pallido e gli occhi grandi, neri come i suoi capelli, in un’intervista alla Nuova Sardegna aveva raccontato: «Ogni notte entro nella stanza di Stefano prima di andare a dormire. Gli auguro la buonanotte e aspetto che mi risponda. Ma non lo sento, non lo sento...». Se n’era andata in pochi mesi, Carmela. Per un destino bizzarro, aveva chiuso gli occhi qualche ora prima che i carabinieri arrestassero gli assassini di suo figlio. Per anni sono state organizzate battute di ricerca: cani molecolari, sommozzatori, specialisti delle forze dell’ordine. Ma del corpo di Stefano Masala, nessuna traccia. L’unica speranza era che i due cugini arrestati parlassero, dicessero che fine avevano fatto fare a quel povero ragazzo.

Ma gli appelli di Marco Masala, urlati anche nei palazzi di giustizia, sono rimasti inascoltati. A settembre del 2022 la Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Alberto Cubeddu e tre anni prima la Suprema corte aveva reso definitivi anche i 20 anni di carcere inflitti a Paolo Enrico Pinna. Ma cosa aveva legato la scomparsa di Masala all’omicidio di Monni? I due cugini avrebbero risposto con due delitti a un presunto affronto subìto da Pinna a Orune in una sala da ballo, a dicembre del 2014. Tanto sarebbe bastato per decidere di ammazzare uno studente prossimo al diploma e un giovane buono e disponibile che aveva forse avuto come unica colpa quella di essersi ribellato a comportamenti che non appartenevano al suo modo di essere. L’8 maggio del 2015, però, a Orune qualcuno ha visto e ha parlato. Nelle settimane e nei mesi successivi ci sono state intercettazioni e tentativi di costruire alibi «rivelatisi puntualmente falsi», come hanno stabilito i giudici. E c’era un movente robusto: Paolo Pinna fu pestato dagli orunesi (tra questi ci sarebbe stato Gianluca Monni) a Cortes Apertas. E in quell’occasione gli fu portata via anche la pistola che, a 17 anni, aveva puntato contro Gianluca in segno di sfida. Arma che non gli fu mai restituita nonostante lunghe trattative. Quel giorno, insieme al minorenne, c’era proprio Stefano, che a bordo della propria auto lo riportò a Nule malconcio. Poi il desiderio – covato per mesi da Pinna – di vendicarsi. E quindi l’omicidio a Orune e l’idea di far ricadere le colpe su Stefano uccidendolo, usando la sua auto per raggiungere il paese della Barbagia e facendo sparire il suo corpo. Mai più ritrovato.

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