Sassari, furto in villa da 250mila euro: chiesti tre anni e otto mesi
Il colpo era stato messo a segno in via Prunizzedda nel 2024
Sassari Aveva atteso pazientemente che la proprietaria uscisse di casa e si chiudesse alle spalle il cancello elettrico, poi era entrato in azione indisturbato nella tenuta che si estende per dieci ettari tra via Prunizzedda e Monte Bianchinu, facendo razzia di gioielli e argenteria. Era stato pianificato nei dettagli - tranne un piccolo particolare - il colpo messo a segno il 15 febbraio dello scorso anno (quasi certamente su commissione) all’interno della villa di una benestante pensionata sassarese poco più che settantenne, che aveva fruttato un bottino di circa 250mila euro, sparito nel nulla.
Era stato però proprio quel piccolo particolare di cui non aveva tenuto conto, l’impianto di videosorveglianza, a far finire nei guai un 43enne sassarese già noto alle forze dell’ordine. Erano stati i carabinieri della sezione operativa a rintracciarlo - a tempo di record - poche ore dopo il colpo e la denuncia presentata in caserma dalla donna derubata.
Qualche giorno fa il 43enne, assistito dall’avvocato Marco Palmieri, si è presentato in tribunale per rispondere di furto aggravato davanti al giudice Gian cosimo Mura. Il pubblico ministero ha sollecitato una condanna a tre anni e otto mesi di reclusione. La prossima udienza è stata fissata per metà ottobre e in quella data il suo difensore cercherà di smontare le accuse per evitare la condanna. Il pomeriggio del 15 febbraio dello scorso anno, poche ore dopo il furto il 43enne - che aveva ancora addosso gli indumenti con cui era stato immortalato dalle telecamere poche ore prima, mentre si allontanava a piedi dalla villa di Monte Bianchinu con i mano due bustoni carichi di preziosi - era stato fermato dai carabinieri.
Con lui, a bordo di un’auto intercettata nella zona industriale di Predda Niedda, c’era anche un sassarese di 48 anni. Anche lui noto alle forze dell’ordine per via di una lunga serie di precedenti, avrebbe avuto - secondo gli inquirenti - un ruolo attivo nel colpo. Ma per il 48enne nel corso delle indagini sono cadute le accuse e si è arrivati all’archiviazione. Davanti al giudice delle indagini preliminari Sergio De Luca il 43enne aveva scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere e non aveva voluto riferire che fine avessero fatto gli oltre cinquanta pezzi della refurtiva volatilizzati e mai ritrovati. A parte un orologio e un anello rinvenuti nella sua abitazione nel corso della perquisizione effettuata dai carabinieri.
L’allarme era scattato all’ora di pranzo del 15 febbraio dello scorso anno quando - di rientro da un caffè con alcune amiche - la pensionata aveva trovato il cancello del giardino aperto e subito dopo si era resa conto che qualcuno, in una assenza, aveva segato le sbarre metalliche di una finestra al pian terreno della sua abitazione.
Sul posto si erano precipitati i carabinieri che passando al setaccio le immagini dell’impianto di videosorveglianza, avevano scoperto che qualche minuto prima delle 11 del mattino - poco dopo l’uscita da casa della proprietaria - un uomo con il volto coperto da un passamontagna era riuscito ad accedere all’abitazione, dopo aver segato le sbarre con un seghetto a batteria e rotto il vetro di una finestra.
Circa mezz’ora dopo la stessa persona - questa volta con il volto scoperto, dopo essersi liberato del passamontagna - era stata immortalata con in mano due bustoni carichi di gioielli. Agli investigatori era bastato ingrandire l’immagine e mettere a fuoco il suo volto per avere nome e cognome dell’autore del furto. Le ricerche erano scattate immediatamente in tutta la città. Poche ore dopo l’auto del presunto responsabile del colpo era comparsa nei radar dei carabinieri a Predda Niedda: bingo. Il 42enne che era alla guida indossava ancora gli stessi indumenti della mattina e ai piedi aveva le stesse scarpe da tennis sporche di fango.