Scatti di anzianità non riconosciuti, impiegata di un liceo sassarese dichiara guerra al Miur
La diatriba ruota intorno all’interpretazione dello “zero”. La Cassazione: «Caso unico in Italia, va discusso in un’udienza pubblica»
Sassari «Lo “zero” è per sua natura, incontrovertibilmente, privo di valore. Ossia privo della “capacità” di essere sommato ad altri numeri, non avendo valore né positivo né negativo (1+0=1)».
Partendo da questo assunto – «stabilito da secoli di scienza aritmetica», è scritto nel ricorso – l’avvocato Giovanni Campus si era rivolto al tribunale del lavoro di Sassari per conto della sua assistita, un’impiegata del liceo Azuni di Sassari alla quale il ministero dell’Istruzione non avrebbe riconosciuto correttamente gli scatti di anzianità maturati durante i periodi di lavoro con contratto a tempo determinato.
E tutto ruoterebbe proprio intorno all’interpretazione dello “zero”. Secondo il Ministero, infatti, il periodo tra 0 e 2 anni (al termine del quale viene riconosciuto lo scatto secondo il Ccnl scuola) corrisponde a 1095 giorni e non a 730 come invece ha ritenuto l’avvocato Campus. I calcoli del Miur determinerebbero, ai fini pratici, la posticipazione di un anno dell’effettivo accesso al nuovo livello retributivo.
In primo grado la signora ha avuto ragione, in appello ha perso e ora la Cassazione, ritenendo il caso di grande interesse, oltre che unico in Italia, ha fissato un’udienza pubblica per la discussione.
Il primo giudice aveva condannato il Ministero a pagare all’impiegata poco più di10mila euro, corrispondenti alle differenze retributive maturate tra quanto percepito e quello di cui avrebbe avuto diritto se non le fossero stati negati gli scatti di anzianità negli anni di precariato, riconosciuti invece ai dipendenti a tempo indeterminato. In appello, invece, era stata accolta la tesi dell’Avvocatura dello Stato e aveva quindi avuto ragione il Miur.
La sentenza era stata impugnata dall’avvocato Campus sulla base di argomentazioni – era scritto nel ricorso – sviluppate dai persiani, dagli indiani (con il matematico Brahmagupta), dagli arabi (con il vescovo nestoriano, Severo Sabokt) e, non ultimi, dai pisani con Fibonacci. Studiosi che, «senza timore di contestazione, hanno sempre sostenuto che lo “zero”, seppure considerato numero da collegare agli altri, non dà somma».
«L’anno 0 matematicamente non esiste – spiega il legale – e quindi non può essere in alcun modo introdotto nel computo dell’anzianità. D’altro canto non avrebbe ragion d’essere posto che l’anno 1 esiste e matura al raggiungimento del 365° giorno, allo stesso modo l’anno 2 al 730° giorno, l’anno 3 ha inizio con il 731° giorno e così via discorrendo». E va anche oltre, l’avvocato Giovanni Campus: «Con una chiave di lettura ancora più elementare, da che mondo è mondo il primo anno di vita viene festeggiato al 365° giorno e non al 730° e non pare che il 365° giorno dalla nascita dell’essere umano venga celebrato come l’anno zero. Ecco perché, se si dovesse ammettere l’interpretazione della controparte, la mia assistita verrebbe defraudata di un anno di lavoro – e di anzianità – ad ogni scatto di carriera».
Ora la Corte Suprema (sezione Lavoro) presieduta dal giudice Lucia Tria, considerando la questione di massima importanza, ha ritenuto opportuno procedere alla discussione pubblica della causa. Trattandosi di una vicenda sollevata per la prima volta in Italia che riguarderebbe tutto il personale docente (circa 943.681) e gli Ata (circa 204mila).