Spiate nei bagni dell’università, ricercatore imputato risarcisce sette colleghe
Dopo la remissione di querela delle persone offese il difensore ha chiesto il non luogo a procedere. Il giudice: «Il reato è perseguibile d’ufficio, il processo si farà»
Sassari Spiate nei bagni dell’Università. Ignare del fatto che un occhio elettronico, nascosto nell’alloggio delle salviette asciugamani, le inquadrasse in un momento decisamente intimo. Ad orchestrare lo “spionaggio ambientale” un cinquantenne originario di Ittiri finito sotto inchiesta a gennaio del 2023 per interferenze illecite nella vita privata (articolo 615bis del codice penale).
L’uomo, all’epoca ricercatore universitario e poi professore associato nella facoltà di Veterinaria di Sassari, aveva installato delle microcamere nei bagni del dipartimento. Sette le persone offese, tutte donne, che si sono affidate alla tutela dell’avvocato Marco Spanu. Nell’udienza predibattimentale di ieri, venerdì 7 novembre 2025, davanti alla giudice Silvia Masala, sono stati depositati i documenti che attestano l’avvenuto risarcimento del danno da parte dell’imputato alle colleghe spiate che hanno quindi rinunciato a costituirsi parti civili.
L’avvocato difensore, di fronte alla remissione di querela delle persone offese, ha chiesto il non luogo a procedere ma il giudice ha respinto la richiesta. Il reato è infatti perseguibile d’ufficio e il processo si farà. L’udienza è stata rinviata per dare il tempo al legale di valutare l’ipotesi di riti alternativi al dibattimento.
Le indagini per risalire all’identità del responsabile erano state svolte dalla polizia locale di Sassari. Un lavoro lungo e scrupoloso. Gli agenti, coordinati dal comandante Gianni Serra, avevano visionato migliaia di immagini scoprendo che il volto dell’imputato compariva all’inizio di ogni registrazione. Probabilmente perché era troppo intento a orientare l’occhio elettronico, in modo da avere una visuale in grado di soddisfare le proprie perversioni.
Due telecamere, nascoste nei distributori dei panni di carta che si usano per asciugare le mani, erano state trovate da una dipendente della ditta di pulizie. Per mesi erano stati registrati uomini e donne che ogni giorno frequentavano le toilette del dipartimento. E l’artefice, una volta identificato, era stato immediatamente allontanato dall’ateneo. Il 50enne si dilettava a spiare i suoi stessi colleghi, uomini e donne indistintamente, visto che i bagni non erano differenziati. Erano circa venti le persone che avevano presentato una denuncia alle forze dell’ordine ma sarebbero almeno cinquanta quelle comparse nelle registrazioni. Avevano provveduto a tutelarsi legalmente coloro che erano state riprese in volto.
L’inchiesta si era conclusa dopo mesi di indagini andate avanti nel riserbo più assoluto. Sono stati spulciati sette “terabyte” di registrazioni, un’infinità se si pensa che in un solo terabyte potrebbero essere archiviate, se ben compresse, circa 300 ore di filmati di buona qualità. Dalle indagini della polizia locale era venuto fuori il ritratto di un personaggio diabolico che archiviava tutti i file nominandoli per singolo giorno o attività. “Grande rischio ma grande premio” aveva ad esempio intitolato un file in un giorno in cui la microcamera sarebbe caduta e, nel risistemarla, aveva evidentemente corso il pericolo di essere scoperto. Il “premio” a cui alludeva era forse il risultato particolarmente soddisfacente che alla fine era comunque riuscito a ottenere.
