Fondi 8xmille per fini privati: nel processo a Becciu e al vescovo di Ozieri sentiti 5 testimoni dell’accusa – Cosa hanno detto
Nove gli imputati, per sei di loro le accuse sono di riciclaggio e peculato
Sassari Cinque testimoni dell’accusa sono stati sentiti nella mattina di oggi, 26 novembre, nella lunga udienza di uno dei processi più discussi degli ultimi anni che coinvolge personaggi illustri del mondo ecclesiastico (e non solo) e che, soprattutto, punta a fare chiarezza sulla destinazione che ebbero i fondi dell’8x1000 destinati dalla Cei alla diocesi di Ozieri tra il 2013 e il 2016.
Davanti al collegio presieduto dal giudice Giancosimo Mura (a latere Monia Adami e Sara Pelicci) sono imputati Antonino Becciu (fratello del cardinale Angelo), Corrado Melis, vescovo di Ozieri, e altre sette persone.
Accusati dalla Procura della Repubblica di Sassari di aver fatto confluire quei fondi nei conti correnti della cooperativa Spes, di cui Becciu era presidente. Gli altri imputati sono il direttore della Caritas don Mario Curzu, i parroci di San Francesco, don Roberto Arcadu, di San Nicola, don Francesco Ledda e don Luca Saba parroco a Oschiri (tutti difesi dall’avvocato Ivano Iai) e Giovanna Pani, Maria Luisa Zambrano e Franco Demontis (difesi dall’avvocato Antonello Patanè).
Dovranno rispondere di riciclaggio e peculato, tranne Arcadu, Demontis e Saba che sono accusati solo di favoreggiamento e false dichiarazioni ai pm. La Cei, che non è parte civile, è rappresentata dagli avvocati Agostinangelo Marras, Arianna Dutto e Roberto Borgogno.
Per la difesa, invece, nessuna attività illecita sarebbe mai stata realizzata da parte degli imputati né un solo denaro della Cei sarebbe stato distratto o utilizzato per fini diversi dai progetti solidali e dalle opere di beneficenza.
Dopo la deposizione - all'udienza di ottobre - di due ufficiali della guardia di finanza che condussero l’indagine, è stata la volta di altri cinque testimoni citati dal pubblico ministero Gianni Caria. Si tratta di un professionista a cui fu affidato il compito di redigere il primo progetto della cittadella della solidarietà, un edificio residenziale che avrebbe dovuto ospitare (ma non è stato ancora completato) persone in stato di bisogno e, in un’altra ala, uffici della Caritas e della Spes.
Un altro teste era un dipendente della stessa cooperativa che ha spiegato come venivano gestite le attività amministrative della Spes anche con riferimento ai rapporti con la Caritas oltre a tutte le attività svolte dalla coop: panificio, produzione di vino, edilizia, pizzeria, nelle quali - come ha riferito il testimone - vengono impiegate persone in difficoltà economica ma anche ragazzi e ragazze con disabilità. Ha poi risposto alle domande del pubblico ministero e dei difensori anche la responsabile della contabilità della diocesi che ha illustrato la destinazione dei fondi dell’8x1000 ricevuti dalla Cei.
La teste ha inoltre riferito dei progetti che venivano rendicontati da parte della diocesi e pubblicati sul sito istituzionale. Infine due referenti di altrettante Caritas parrocchiali: una della frazione di San Nicola che ha confermato di aver sempre ricevuto dalla Spes i prodotti alimentari come pasta, olio, pomodori, pane: «Accadeva regolarmente - ha detto - tutte le settimane. Ma ci sono stati dati anche contributi economici per le persone in difficoltà». A chiudere l’udienza fiume è stata la responsabile della Caritas di Monti che ha riferito anche lei dei rapporti intrattenuti con la Spes.
