La Nuova Sardegna

La recensione

“Le voci di via del silenzio”: fede e giornalismo nel romanzo di Elvira Serra

di Ilaria Muggianu Scano
“Le voci di via del silenzio”: fede e giornalismo nel romanzo di Elvira Serra

Nell’ultimo lavoro della giornalista-scrittrice la storia della talentuosa Giulia che diventa madre Maria Benedetta

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Elvira Serra porta il dibattito sull’identità vocazionale su un terreno inaspettato, sebbene questo non sia il nodo centrale del plot di Le voci di via del silenzio (Solferino, 256 pagine), fresca fatica della firma de Il Corriere della Sera. Tanti i temi in una continua alternanza tra sfera personale e aspirazione professionale. Cosa costringe una persona che svolge il lavoro di giornalista a chiudersi in un convento? L’ottima scrittura, alla quale, romanzo dopo romanzo ci ha abituati la scrittrice-giornalista, non è l’unico impulso che spinge alla lettura.

Elvira Serra conferma il suo fiuto per temi inesplorati. Serra è l’anti to read the room, processo certosino delle case editrici e davvero insopportabile per il lettore; quello per il quale l’editore produce ciò che sa per certo possa divenire acquisto sicuro al di là della qualità dell’opera. Non è difficile immaginare le reazioni alla lettura del romanzo da parte di giovani aspiranti giornalisti, che probabilmente non vedranno mai una promozione, ben che vada forse un’assunzione, prima o poi. Oggi iniziare la collaborazione con un giornale è un’autentica utopia: in seguito allo studio nelle facoltà di Giornalismo che preparano alla professione ma non garantiscono l’iscrizione ad alcun albo (la conquista del tesserino è un percorso privato e individuale) si prospettano dozzine di master da diecimila euro che propongono “la possibilità” eventuale per i migliori quattro che si distinguono durante il corso, ma, testualmente: «senza garanzia di pubblicazione o/e di assunzione».

Immaginare questi giovanissimi leggere le peripezie della talentuosa Giulia Belgioso, che diviene per elezione spirituale madre Maria Benedetta e contestualmente getta alle ortiche una sfavillante carriera, tra l’altro annodata a doppio filo all’amore di una vita, è un invito davvero ghiotto ad andare sino in fondo, fino all’ultima riga. Serra scrive in inchiostro delicato e leggero che sembra librarsi sulle uova di una scelta personale, risparmiando il benché minimo giudizio, anzi offrendo alla donna un nuovo ventaglio di scelte, una nuova prospettiva che non ci resta che normalizzare a livello sociale.

Centrale il tema del dono, in ogni declinazione, non limitatamente all’accezione monastica o religiosa, anzi il discorso religioso è abbozzato e non invasivo, emerge, al contrario, un profondo amore, quasi totalizzante per la professione giornalistica, da entrambi i protagonisti del romanzo. Leggilo se non hai nessun problema con il rischio di “sorofobia” letteraria, perché il libro è davvero tanto di più.

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