Uto Ughi: «L’Italia snobba i suoi talenti per provincialismo culturale»
Il re dei violinisti sara in concerto domenica a Sassari: il programma è interamente dedicato alle Quattro Stagioni di Vivaldi
Per il suo ritorno a Sassari ha scelto un programma interamente dedicato a Le Quattro Stagioni di Vivaldi. Il concerto di Uto Ughi, in programma domenica al teatro Comunale nell’ambito della stagione lirico sinfonica dell’ente de Carolis, doveva svolgersi a maggio ma era stato rinviato per un problema di salute. Sul palco arriva uno degli esponenti più autorevoli della grande scuola violinistica del nostro Paese.
Quella proposta domenica sarà una versione particolare delle Quattro Stagioni in cui la musica si fonde con la poesia dei sonetti che descrivono le varie fasi delle stagioni stesse. E proprio il maestro Ughi li leggerà e li commenterà. «I quattro concerti sono uno degli esempi più famosi e conosciuti di musica figurativa – dice Ughi – i sonetti, scritti dallo stesso autore, non hanno pretese letterarie ma sono meravigliosamente adattabili alla musica. Leggerò il sonetto e la battuta che corrisponde a esso e subito dopo interpreterò la stagione senza interruzioni. È una scelta che viene apprezzata dal pubblico, che in questo modo entra ancora meglio in contatto questo capolavoro».
È considerato uno degli eredi della grande scuola violinistica italiana. Si è impegnato e si impegna per la salvaguardia del patrimonio musicale ma anche per sostenere i giovani talenti. Come giudica l’attuale situazione musicale italiana?
«Ci sono sicuramente grandissimi talenti come Giuseppe Gibboni, che ha vinto il premio Paganini nel 2021, e tanti altri. Il vero problema in Italia è che spesso c’è questo vezzo di invitare soprattutto nomi stranieri perché forse si pensa che chi viene da fuori sia più bravo, invece è solo provincialismo culturale».
Nel 2023 è nata la fondazione che porta il suo nome. Quel giorno ha citato Mahler: “la tradizione non è culto della cenere ma custodia del fuoco”. Cosa si deve fare per tenere sempre vivo il fuoco della tradizione musicale italiana?
«Intanto eseguire programmi di autori italiani, anche quelli meno conosciuti, non c’è solo Vivaldi. C’è tutta una schiera di grandi compositori e violinisti del 1700 come Corelli, Geminiani, Tartini, Viotti, fino ad arrivare a Paganini. L’Italia ha insegnato all’Europa e dopo sono arrivati i russi, i francesi. Gli italiani però sono stati i primi e avevano anche una grande tradizione di liutai. C’era quindi questa splendida sinergia di talenti geniali che utilizzavano strumenti realizzati apposta per suonale i loro capolavori».
A questo proposito, i due meravigliosi strumenti che utilizza sono molto diversi tra loro, uno Stradivari Kreutzer ed un Guarneri del Gesù.
«Ho avuto uno Stradivari da quando avevo 16 anni e lo avevo conosciuto a Parigi quando studiavo con Enescu. La prima volta che l’ho sentito avevo 12 anni e mi fece un’impressione enorme per quel suono apollineo, molto italiano. Il Guarneri ha un suono più dionisiaco, più scuro, più romantico. Sono due voci particolari che si prestano a tantissimi programmi diversi».
Lei ha iniziato giovanissimo e già da giovanissimo ha avuto i primi grandi riconoscimenti artistici. Che percorso consiglierebbe a chi sin da subito mostra un grande talento?
«Io ho avuto la grande fortuna di avere grandi maestri, perché a me piaceva conoscere le varie scuole di Paesi diversi. Andavo sempre alla ricerca di stimoli nuovi e di nuove visioni della musica, consiglierei di avere un approccio di questo tipo».
Conosce il pubblico sassarese perché ha già suonato diverse volte in questa città e anche questa volta il suo concerto è molto atteso.
«Amo moltissimo la Sardegna, i suoi luoghi, anche perché amo tantissimo il mare. Ma ho un bellissimo rapporto anche dal punto di vista musicale, l’orchestra di Sassari del de Carolis, ed anche quella di Cagliari, sono eccellenti e mi sono sempre trovato bene. Sarà sicuramente così anche domenica prossima al Comunale».