La Nuova Sardegna

L’intervista

Paola Saluzzi: «Mio padre venerava così tanto l’isola che da bimba pensavo di essere sarda»

di Alessandro Pirina
Paola Saluzzi: «Mio padre venerava così tanto l’isola che da bimba pensavo di essere sarda»

La conduttrice tv ha ricevuto il Premio Luciano Rispoli: «È stato lui ad aprirmi le porte della Rai. Poi sono arrivati Zavoli e Unomattina»

25 ottobre 2024
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Nella sua carriera tv è stata in Rai, a Tmc, Mediaset, Sky, ora è a Tv2000 - dove da 7 anni è la regina del mezzogiorno - passando dallo sport al varietà, dall’approfondimento alle sit com. Un curriculum poliedrico ma con un tratto comune in ogni cosa che fa: la tv di Paola Saluzzi è sempre all’insegna del garbo, della gentilezza, zero urla e volgarità. Sarà anche per questo che nei giorni scorsi ad Atri ha ricevuto il Premio Luciano Rispoli, che più di tutti ha rappresentato quella tv perbene ed educata che oggi fa fatica a trovare spazio nel piccolo schermo.

Paola, partiamo da questo premio. Cosa ha provato?

«A Luciano Rispoli mi lega un atto di costante gratitudine. Nel 1987 me lo trovo davanti in un convegno a Lecce, lui ai tempi dirigeva magistralmente il Dipartimento scuola educazione, e oso chiedergli: “ho un’idea per un programma radiofonico sulla musica e i bambini”. A lui piacque e mi disse: “signorina, vorrà dire che le faccio il suo primo contratto augurandole che questo diventi il suo lavoro”. Ce l’ho davanti, il suo garbo, il suo sorriso, la sua signorilità, il suo modo di essere Luciano Rispoli. Quando mi è arrivata la notizia del premio mi sono sentita profondamente commossa e profondamente grata».

Il suo esordio in tv con un altro gigante, Sergio Zavoli.

«Luciano Rispoli mi offrì la grande possibilità di avere un tesserino per entrare in viale Mazzini. E io andavo praticamente tutti i giorni a portare il mio curriculum di una sola paginetta e tanti spazi larghi. Finché il 3 marzo 1987 un meraviglioso dirigente Rai, non potendone più di vedermi nella sua segreteria, mi disse: “a luglio riapre la redazione di Sergio Zavoli, se vuole...”. Insomma, se ho lavorato con Zavoli lo devo a Rispoli».

Cosa voleva fare da grande?

«Un giorno la pattinatrice su ghiaccio, un altro la cantante lirica. Ma avevo un magnifico nonno materno che adorava lo sport. Era appassionato di automobilismo, mi raccontava di Nuvolari, era un fan di Lauda. Mi diceva: “se diventerai giornalista avrai il privilegio di incontrare i grandi miti e sarai la prima a riferire ai tuoi ascoltatori e lettori”. Questa cosa la misi via. Poi al liceo la mia meravigliosa docente di italiano e latino, Marina Pioli, vedendo i miei temi, disse ai miei genitori: “fatele fare la scuola di giornalismo”. L’ho presa in parola, anche se la scuola non l’ho fatta, ma sono diventata praticante a Telemontecarlo».

Senza disdegnare i varietà come “Il grande gioco dell’oca”.

«Sognavo di lavorare con Jocelyn e con un direttore come Minoli. C’erano Gigi Sabani, Alessia Marcuzzi, Adriano Pantaleo. A me è sempre piaciuto fare cose che mi divertissero profondamente. Il lavoro deve essere un grande piacere, anche quando va verso lidi inaspettati».

Come “Casa Vianello”.

«Tmc decise di mandare in cassa integrazione i giornalisti. Ricevo una telefonata dalla Fininvest. “Le passo il signor Vianello”. Butto giù. Squilla di nuovo, rispondo e sento la voce di Vianello. “Buongiorno, la vedo sempre al tg sportivo, lei mi fa molto ridere, viene a fare la vicina a Casa Vianello visto che siete rimasti senza lavoro?”. Un gesto da gigante. E così mi presi una pausa dal giornalismo, anche se quel “lei mi fa ridere” di Vianello mi lasciava da pensare...».

Ha fatto cinema con Pupi Avati e Franco Nero, fiction con Montesano: la recitazione è un hobby o un rimpianto?

«Da una parte il rimpianto c’è. Ma per fare l’attore devi fare l’accademia. Se non la fai devi avere l’immensa fortuna di trovare chi creda in te e ti cresca come attore. Se avessi voluto continuare mi sarei dovuta mettere a studiare, ma il mio lavoro mi portava da un’altra parte e così non è proseguita».

Unomattina, per anni volto del mattino degli italiani. Al suo fianco Luca Giurato.

«Parlo di Luca con tanta commozione e gratitudine. Quando mi conobbe fu gentilissimo ma mi studiò per una settimana. Il lunedì successivo mollò gli ormeggi e mi disse: navighiamo insieme. Sono stati 25 anni di amicizia unica, ho perso un amico vero. Io e Luca ci siamo incontrati quel giorno e non ci siamo più lasciati. Era la correttezza fatta a persona, leale, generoso, simpatico, si divertiva come un matto per tutti quei tapiri di Striscia. Ma quando doveva intervistare seriamente vedevi in lui la stoffa del signor giornalista».

Rai, Mediaset, Tmc, Sky, ora Tv2000: come si lavora con i vescovi? Alla Nuova Licia Colò ha detto che non ha mai trovato editori più liberi…

«Confermo e lo dico nel pieno rispetto che si deve per l’editore. Nel 2017 ho perso mio padre a marzo e mia madre a Natale. Quando mancano i genitori è come se crollasse un muro. Torno a Tv2000 per un programma sul coraggio e mi dicono: “abbiamo un’ora in palinsesto, se ti va”. Ho trovato questo gesto bellissimo e mi ha dato la spinta necessaria. Ho pensato al titolo “L’ora solare”, perché dopo tanti anni di politica e cronaca proviamo a raccontare non che tutto va bene, ma le cose positive».

Come nasce il suo legame con la Sardegna?

«Mio padre era un generale di accademia, veniva a fare i campi di lavoro e aveva i Quattro mori appuntati sulla divisa. Aveva una devozione tale per la Sardegna, ne parlava con tale amore che quando ero piccola mi ero fatta l’idea di avere parenti nell’isola, di essere di origine sarda. E poi amava il suo Gigi Riva. Ce ne parlava e io chiedevo: ma è sardo? E mio padre: “no, o meglio Gigi Riva non è nato in Sardegna, ma è della Sardegna”».

Anni fa doveva essere la testimonial della città di Alghero ma poi è saltato tutto.

«Non ho mai capito cosa sia successo, ma tutto mi è stato detto con tale grazia e correttezza che non ci ho più pensato».

Che legami ha nell’isola?

«Sono molto legata ad Antonella Manca e sua mamma, la famiglia di Gianmarco che morì in Afghanistan. E poi c’è l’amico Marcello Fois, che due anni fa mi ha anche coinvolta a Gavoi».

Ha compiuto 60 anni. Cosa vorrebbe fare da grande?

«Sicuramente qualcosa che non ho ancora fatto e sarà bellissimo. Cosa? Un’idea nuova in tv, alla radio, o un film. Intanto ringrazio mio marito, Gabriele Romagnoli. I miei 60 anni sono così felici perché quando trovi una persona che tifa per te e lo fa con amore è un traguardo che raggiungi con il cuore sereno».

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