La Nuova Sardegna

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Buon Gusto – Speciale Formaggi

Il formaggio in tutte le sue forme, tra abbinamenti e ricette identitarie

di Rachele Falchi
Il formaggio in tutte le sue forme, tra abbinamenti e ricette identitarie

I consigli dell’enogastronomo Piero Careddu: «Non è solo una materia prima ma linguaggio e storia»

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In Sardegna il formaggio non è soltanto una materia prima: è un linguaggio identitario, un modo di leggere il territorio. Ne abbiamo parlato con Piero Careddu, enogastronomo e sommelier, figura storica della ristorazione sarda. Per oltre vent’anni alla guida dell’Antica Hostaria – uno dei ristoranti di riferimento del nord dell’isola – Careddu oggi dedica la sua esperienza alla ricerca culturale e sensoriale, portando avanti un lavoro di studio che continua a influenzare cuochi e appassionati. Il suo punto di partenza è chiaro: «Il formaggio è per me un alimento fondamentale, anche perché sono un cuoco vegetariano» ci racconta. «Ma soprattutto è una grande passione: li studio, li cerco, li assaggio». Nella sua visione, il formaggio è una materia viva, capace di raccontare il lavoro, le stagioni e la memoria delle comunità che lo producono. «Mi piace pensare che ogni forma porti con sé il racconto di un territorio. È questo che mi emoziona». La scelta di quale utilizzare non è mai casuale: «È la tipologia che guida l’uso in cucina. Un formaggio a pasta molle entra in cottura, uno stagionato diventa un arricchitore di sapore». Quando gli abbiamo chiesto quale formaggio sardo lo rappresenti di più, la risposta è arrivata dal cuore. «La panedda, la peretta in gallurese, legata alla zuppa gallurese, il piatto della mia vita». Accanto a questo simbolo affettivo, però, Careddu rivendica anche la finezza dei caprini ogliastrini: «Se fatti bene, non hanno nulla da invidiare a quelli di altre parti del mondo». Sul tema – inevitabile – della modernizzazione, Careddu smonta l’idea che innovare significhi tradire. «L’equivoco è pensare che la tradizione sia statica. La tradizione è sempre in movimento. La Seada stessa un giorno è stata un’invenzione. L’importante è non perdere i riferimenti: territorio, stagionalità, qualità». Una filosofia che lega passato e futuro, rispettando il fondamento ma permettendo alla creatività di generare nuovi piatti destinati, forse, a diventare tradizione a loro volta. Sul fronte degli abbinamenti gli abbiamo chiesto quali un tempo erano considerati audaci. «Forse oggi sembrerà strano, ma gli accostamenti tra formaggi molto stagionati o erborinati e vini dolci erano giudicati quasi scandalosi. Ora sono diventati scontati». Il ragionamento lo porta poi su un altro territorio sensoriale: «Se parliamo invece di combinazioni davvero difficili, allora penso alla miscela tra carciofi crudi e bottarga. Sono due sapori tostissimi, respingenti. L’unico vino che li tiene insieme esaltandoli è la Vernaccia di Oristano». Il dialogo si conclude con un consiglio di Careddu ci affida come esempio di creatività rispettosa delle radici: un cannolo di pane lentu con ripieno di carciofi, pomodoro secco e formaggio caprino, nato negli anni più recenti della sua esperienza professionale. «Mi piaceva l’idea di uno sfizio croccante, da mangiare bollente, dove le consistenze si incrociano e il caprino diventa la voce acida e cremosa del piatto».

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