La Nuova Sardegna

Alghero

Tribunale

Anziana raggirata per amore, chiesta la condanna del radiologo algherese Gianni Maria Penduzzu

di Nadia Cossu
Anziana raggirata per amore, chiesta la condanna del radiologo algherese Gianni Maria Penduzzu

Secondo l’accusa avrebbe approfittato dello stato di infermità psichica della donna per farsi versare 38 mila euro

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Sassari Si era innamorata di quel medico ed era sicura che anche lui lo fosse di lei. Per questo, nonostante la grande differenza di età – lei 85 anni, lui 67 – si era convinta che l’uomo volesse sposarla e per diverso tempo, come confermato anche da un’amica stretta della donna, gli elargì grosse somme di denaro. Ma il medico in questione, il radiologo algherese Gianni Maria Penduzzu, alla fine è stato rinviato a giudizio per “circonvenzione di incapace” e ieri mattina, 4 dicembre, il pubblico ministero ha chiesto la sua condanna a due anni di reclusione, mentre la parte civile, rappresentata dall’avvocato Piergiovanni Arru che tutela il figlio dell’85enne, ha presentato una richiesta di risarcimento danni di 182mila euro. L’assoluzione dell’imputato è stata invece sollecitata dall’avvocato difensore Pietro Diaz. Sentenza il 10 dicembre.

Una persona molto vicina all’anziana aveva raccontato in aula delle pene d’amore vissute dalla sua amica e di come per diverso tempo, in qualche modo, la presunta vittima (deceduta tre anni fa) «mantenesse» economicamente l’imputato. L’anziana sarebbe stata convinta a versare in varie tranches 38mila euro sul conto del radiologo algherese. La testimone aveva anche confermato che fino al 2017 la donna guidava la macchina, frequentava un gruppo di giocatori di Burraco ed era lucida, ma subito dopo era andata incontro a un decadimento cognitivo e a gravi dimenticanze.

Secondo la Procura il medico avrebbe abusato dello stato di infermità psichica della donna proprio in quel momento, per impossessarsi dei suoi soldi. Il reato sarebbe stato commesso non durante l’esercizio della sua professione, ma nell’ambito di una frequentazione amichevole. La signora però, 30 anni più grande dell’imputato, proprietaria di ville a Porto Cervo, Cagliari e Alghero, era «affetta da disturbo neuro cognitivo e degenerativo». Una patologia che «comprometteva le autonomie nelle attività di vita quotidiana» aveva scritto il consulente tecnico Rossella Cherchi. Per la Procura il medico avrebbe dunque approfittato della condizione clinica dell’anziana «frequentando la sua abitazione a titolo di amicizia e facendosi rilasciare otto assegni per un ammontare complessivo di 38mila euro». Il figlio dell’anziana era rimasto stupito nel notare gli strani movimenti di denaro nel conto corrente bancario della madre. A farlo insospettire erano stati in particolare degli assegni in uscita disposti a favore di un uomo di cui lui non sapeva nulla, poi risultato un conoscente stretto dell’85enne: il radiologo, appunto.

Il figlio, allarmato, aveva bloccato tutto e contattato il medico per chiedergli spiegazioni, ma senza ottenere risposte soddisfacenti che potessero giustificare le transazioni. E così era andato dalla guardia di finanza. L’avvocato Diaz, nella sua discussione, ha evidenziato diversi elementi che a suo dire scagionerebbero Penduzzu. «Sia le prove di accusa che le prove a difesa hanno mostrato che la signora, nel periodo incriminato, oltre agli 8 assegni emetteva pagamenti, con i più vari strumenti, per decine di migliaia di euro, vendeva appartamenti per centinaia di migliaia di euro, prestava garanzie personali per milioni di euro, senza che nessuno dei destinatari o dei funzionari roganti, abbia mai sospettato infermità psichiche di sorta».

Per il legale «se infermità fosse stata, non sarebbe stata percepibile, e la sua percezione è però la base della incolpazione del mio assistito». Ognuno degli otto assegni, per la difesa, avrebbe avuto «una ragione o uno scopo, particolari di ricambio o di ringraziamento o di manifestazione di affetto per il proprio accompagnatore». Il disturbo neurocognitivo constatato nel 2019, infine, non sarebbe stato diagnosticato con la Tac cranio «ma se anche fosse stato provato, non poteva essere retrodatato al 2017-2018 (periodo dell’emissione degli assegni)». La parola ora passerà al giudice.

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