Quei prof cacciati dagli atenei sardi con l’imbarazzante zelo dei rettori
Nel 1938 anche le due università dell’isola segnalarono i docenti ebrei
Cagliari Con le sue importanti scoperte scientifiche – si pensi alle cefalosporine, antibiotici molto simili a quella penicillina che valse il Nobel a Fleming – contribuì a salvare chissà quante vite umane. E ancor prima che si diffondesse l’uso del Ddt si adoperò in prima linea nella lotta al flagello della malaria, tanto che la più grande azienda ospedaliera della Sardegna è intitolata proprio a lui. Eppure nel brillante curriculum del medico e farmacologo cagliaritano Giuseppe Brotzu, che nel secondo dopoguerra fu anche presidente della Regione e sindaco del capoluogo, c’è una macchia nera quanto le camicie dei fascisti: quando nel 1938 il regime approvò le leggi razziali, il luminare, all’epoca rettore della Regia Università di Cagliari, non soltanto si pregiò di fornire al prefetto l’elenco dei «professori di razza israelita» in forza all’ateneo, ma addirittura – con la stessa solerzia che metteva nella ricerca dei battericidi – pensò di segnalare anche il nome di un docente (tale Carlo Maiorca, straordinario di Diritto privato), sul quale non aveva indicazioni precise, tuttavia rilevava «qualche elemento di dubbio nel cognome della madre».
Un imbarazzante eccesso di zelo riportato su una lettera da lui firmata nel pieno della campagna antisemita che la propaganda mussoliniana aveva già avviato da qualche mese. Il documento choc, conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari, è stato rinvenuto e pubblicato nel volume “Le leggi razziali in Sardegna”, curato da Alessandro Matta, presidente dell’associazione Memoriale sardo della shoah. «Tutti i professori censiti in Sardegna come ebrei nell’agosto del 1938 – racconta Matta – furono poi allontanati dall’insegnamento per effetto di un Regio Decreto del 5 settembre 1938. Lo stesso accadde purtroppo anche per gli studenti».
In Sardegna Brotzu non fu l’unico a far finta di nulla, come ha raccontato qualche anno fa su queste pagine la storica sassarese Giuseppina Fois: «Tre settimane prima dell’emanazione delle leggi razziali, il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai diramò a tutte le autorità una circolare nella quale si chiedeva di trasmettere a Roma l’elenco del personale di razza ebraica. E l’ateneo di Sassari rispose allegando il prospetto ministeriale debitamente compilato, nel quale figuravano tre docenti di razza ebraica per parte di padre: Michelangelo Ottolenghi, Emilio Morpurgo e Franco Ottolenghi, gli ultimi due di religione cattolica». Fatto sta che il rettore Carlo Gastaldi non si comportò molto diversamente dal suo omologo cagliaritano: nell’informare il ministero attraverso una lettera sottolineò infatti con «zelo burocratico e fascista» che Morpurgo e Franco Ottolenghi risultavano comunque «di discendenza dalla razza ebraica» e pertanto chiese di essere avvertito con urgenza se vi fossero stati provvedimenti da adottare nei loro riguardi. «Il tono della comunicazione rettorale – è il commento di Giuseppina Fois – corrispondeva, sia pure con qualche compiacimento, al clima di caccia alle streghe cresciuto nell’intero Paese e persino in una provincia dove la questione della presenza ebraica non aveva alcuna rilevanza storica recente. Non fu casuale – conclude la storica – se in quegli stessi giorni lo stesso Gastaldi dovette smentire per telegramma la falsa notizia secondo la quale i professori Sergio Costa e Antonio Segni, futuro presidente della Repubblica, sarebbero stati di “razza ebraica”».