La Nuova Sardegna

L’emergenza

Nell’inferno di Patologia medica: 1 infermiere per 12 pazienti

di Luigi Soriga
Nell’inferno di Patologia medica: 1 infermiere per 12 pazienti

La carenza di personale a Sassari. La denuncia: «Non hai un attimo di tregua, lavorare così è pericoloso». Pais a Bartolazzi: «Venga qui ma non per fare passerelle»

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Sassari Nel reparto di Patologia Medica dell'ospedale Santissima Annunziata di Sassari, le stanze non bastano più. Le barelle si allineano nei corridoi, trasformati in trincee dove si combatte una guerra silenziosa contro la carenza di personale. Ogni infermiere si prende cura di dodici pazienti, il doppio rispetto a quanto previsto dalla legge. «Non hai un attimo di tregua, i ritmi sono pesantissimi», racconta un'infermiera stremata. «Sono perlopiù malati difficili da gestire, con insufficienza respiratoria, parcheggiati nel corridoio con un bombolone a fianco e il macchinario per l’ossigenazione assistita». Sulla carta, i posti letto dovrebbero essere 22. A questi si sommano le sei postazioni di Oncologia. In realtà, ogni giorno si contano almeno 38 pazienti da gestire.

Una sproporzione che non trova riscontro nella dotazione di personale: «Siamo stati assegnati per occuparci di 22 letti, non per 38. Così finisce che ognuno di noi deve seguire dodici pazienti. Un carico che alla lunga logora e svuota». I turni sono un susseguirsi senza respiro di allarmi, flebo, richieste, urgenze. Il tempo non basta mai. «È una corsa continua, e lavorare così è pericoloso. L’errore è sempre dietro l’angolo». Nel mezzo di questo caos, c’è chi trova la forza di conservare la serenità.

«Quando sento che sto per perdere la pazienza, prendo quattro respiri profondi e mi ricordo perché sono qui. I pazienti sono i primi a capire il nostro stress, e spesso sono loro a chiederci scusa se alzano un po’ la voce. Con i familiari, invece, è più difficile. Non sono dentro questo girone infernale, certe dinamiche sfuggono. Ma anche la loro tensione è comprensibile: stare a contatto con la sofferenza è complicato».

Fuori dal reparto, la vita resta sospesa. «Non so più cosa voglia dire avere una vita sociale – ammette –. Una pizza con la mia famiglia? Solo se sono in ferie. Altrimenti torno a casa e mi stendo sul divano, esausta. Il mio lavoro ti prosciuga». Eppure, nonostante tutto, non molla. «Perché il mio è ancora il lavoro più bello del mondo. Sì, a volte ti senti persa, ma quando un paziente ti stringe la mano e ti dice “grazie”, capisci che ne è valsa la pena. Quella gratitudine riempie tutto il vuoto, ti rimette in piedi, ti ricorda chi sei».

A sollevare il velo su questa quotidianità al limite è stato anche Michele Pais, già presidente del Consiglio regionale e oggi consigliere comunale della Lega ad Alghero, che ha ricevuto una segnalazione dal personale. «Mi hanno scritto infermieri stremati, che parlano di turni massacranti e barelle ammassate nei corridoi. Il rapporto operatore-paziente è raddoppiato rispetto a quanto previsto: 1 a 12, in un reparto oncologico. Questo vuol dire aumentare i rischi per i pazienti, abbassare gli standard assistenziali e spingere il personale al burnout». Pais ha poi lanciato un appello pubblico all’assessore regionale alla Sanità Armando Bartolazzi: «Venga al Santissima Annunziata, non per fare passerelle, ma per guardare negli occhi gli operatori, ascoltare i pazienti, vedere cosa vuol dire davvero lavorare o essere ricoverati in quelle condizioni. Non è solo l’oncologia o la neurochirurgia: è tutto il padiglione delle medicine a essere al collasso». 

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