La Nuova Sardegna

Il report Cgia di Mestre

In Sardegna evasione fiscale alle stelle, ma solo sette comuni denunciano

di Serena Lullia
In Sardegna evasione fiscale alle stelle, ma solo sette comuni denunciano

Una legge del 2005 consente alle amministrazioni di incassare la metà delle tasse non pagate se segnalate all’Agenzia delle entrate

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Sassari Anche in Sardegna l’evasione fiscale è un fantasma che tutti conoscono, ma che quasi nessuno osa nominare. Fa eccezione una manciata di Comuni – sette per la precisione – che nel 2023 hanno provato a darle un nome, un volto, una somma. Gli altri 370 si sono limitati a fingere di non vederlo. Per tanti motivi. Mancanza di personale qualificato destinato all’attività investigativa con cui corredare le segnalazioni all’Agenzia delle entrate. Scarsa attenzione. Rischio impopolarità. Peccato che in ballo ci siano oltre 2 miliardi e mezzo di euro ogni anno. E un principio: chi paga sempre, non può continuare a pagare anche per chi non paga mai.

Un’evasione enorme Nel 2022, secondo i dati elaborati dalla Cgia di Mestre, l’economia sommersa in Sardegna ha raggiunto il 15,3% del valore aggiunto regionale. In numeri: 2,463 miliardi di euro di imposte e contributi evasi. Per ogni 100 euro regolarmente dichiarati al fisco, altri 15,6 volano via sotto traccia, nel silenzio generale. L’Isola è nella top 5 in Italia per incidenza dell’evasione.

Una legge che premia chi segnala (ma quasi nessuno la usa) Dal 2005, una norma consente ai Comuni di segnalare all’Agenzia delle Entrate casi sospetti di evasione fiscale su Irpef, Ires, Iva, imposte catastali, di registro o ipotecarie. Le cosiddette “segnalazioni qualificate” devono essere dettagliate, documentate, circostanziate. In cambio, il Comune incassa il 50% di quanto viene recuperato. Un’opportunità concreta, soprattutto per le piccole amministrazioni a corto di fondi. Ma che pochi sfruttano. Nel 2023, su 7.900 Comuni italiani, solo 296 hanno fatto una segnalazione.

I Comuni sardi virtuosi  Appena sette in Sardegna: Golfo Aranci 3.969 €; Sassari 3.280 €; Santa Teresa Gallura 2.803 €; Alghero 610 €; Palau 29 €; Serdiana 112 € Serrenti 23 € Totale? Appena 10.827 euro. Cifre simboliche, se paragonate alla voragine del sommerso.

Comuni capoluogo assenti Tra i quattro capoluoghi di provincia sardi, solo uno – Sassari – ha inviato segnalazioni e ottenuto un minimo rimborso. Cagliari, Nuoro e Oristano non compaiono nemmeno in fondo alla lista. Nessun euro incassato. Nessun nome segnalato. Nel resto d’Italia, Milano ha ricevuto quasi 400mila euro, Genova oltre 380mila, Prato più di 180mila. La Sardegna, con le sue sette segnalazioni, è rimasta inchiodata allo 0,3% del totale nazionale.

Un esercito di invisibili A tutto questo si aggiunge il lavoro nero, altra piaga mai davvero curata. Nell’Isola si contano 70.500 lavoratori irregolari, con un tasso di irregolarità dell’11,4%, superiore alla media italiana (9,7%). Significa che oltre uno su dieci lavora senza contratto, senza contributi, senza tutele. Un sistema parallelo che alimenta l’evasione e toglie respiro alla fiscalità regolare. 

Il paradosso dell’immobilismo La CGIA prova a spiegare. Servono istruttorie complesse, personale formato, accesso ai dati. Troppo, per molti Comuni sardi che faticano a coprire i servizi minimi. Ma la verità, ammette lo stesso rapporto, è anche più amara: in molte zone d’Italia, scoperchiare l’illegalità fa perdere voti. Meglio chiudere un occhio, o entrambi. Così si tollera chi costruisce senza permessi. Si lascia lavorare chi è privo di partita Iva. Si ignora chi affitta al nero. Si evita di “disturbare” quella parte di società che, per necessità o convenienza, vive fuori dalle regole.

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