L’elicriso sardo per curare le ferite, la scoperta di un team sassarese
Università, Margherita Maioli: «La sua applicazione permette guarigioni più rapide»
Sassari Un cerotto realizzato utilizzando la pianta di elicriso che, con le sue proprietà rigenerative, può diventare uno dei rimedi più efficaci per curare più velocemente le ferite. L’importante scoperta si deve al gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche, diretto dalla professoressa Margherita Maioli, ordinario di Biologia Cellulare ed Applicata dell’università di Sassari, e di cui fanno parte anche le dottoresse Diletta Serra e Sara Cruciani e il dottor Giuseppe Garroni.
«Il progetto – afferma Margherita Maioli – nasce con l’obiettivo di valorizzare le proprietà dell’Helichrysum italicum, pianta officinale autoctona della Sardegna, per promuovere la rigenerazione cutanea e ridurre i tempi di guarigione. La collaborazione con il parco dell’Asinara, dove da più di dieci anni si studiano le piante medicinali tipiche dell’isola, ha portato a concentrare l’attenzione sull’elicriso, per le sue azioni antimicrobiche, antivirali, antinfiammatorie e antiossidanti. Infatti, l’estratto lipidico di elicriso italico dell’Asinara, fornito dal professor Giorgio Pintore e la sua combinazione con nanofibre biodegradabili ha permesso di sviluppare un sistema terapeutico all’avanguardia».
In che modo questi fattori accelerano la guarigione?
«Le cellule cutanee, fornite dall’Università di Ferrara, sono state trattate con l’olio di elicriso e hanno mostrato un aumento della flessibilità nella zona nucleare, una caratteristica che facilita la loro divisione e il movimento verso le aree danneggiate, accelerando i processi di riparazione tissutale. Parallelamente, si è registrato un incremento nella produzione di occludina, una proteina chiave per il rafforzamento delle giunzioni cellulari, essenziale per mantenere una barriera cutanea compatta e protettiva. Questa duplice azione, che accelera la chiusura delle ferite e riduce il rischio di infezione, è stata confermata grazie al contributo del professor Antonio Brunetti, ordinario di Fisica presso l’università di Sassari, il quale, in collaborazione con il Cnr di Trieste, ha approfondito lo studio dei meccanismi cellulari alla base degli effetti rigenerativi osservati».
Quali vantaggi offrono le nanofibre?
«Sono biocompatibili, biodegradabili e favoriscono il rilascio controllato e prolungato dei principi attivi dell'elicriso. Questi biomateriali rappresentano un supporto ideale per stimolare la rigenerazione cellulare e promuovere una guarigione più rapida ed efficace. La loro produzione presso l’università di Praga è stata resa possibile grazie alla tecnica dell'elettrofilatura che consente di ottenere strutture fibrose su scala nanometrica, capaci di mimare fedelmente l’ambiente naturale dei tessuti» .
Quali sono le potenziali applicazioni cliniche ?
«Oltre ai modelli in vitro, questa tecnologia potrebbe trovare applicazione in cerotti o bendaggi per ferite croniche, ustioni o altre lesioni cutanee. I tempi per l'applicazione clinica dipenderanno dagli ulteriori studi, ma i risultati preliminari sono molto promettenti. Puntiamo allo sviluppo di medicazioni avanzate che riducano la necessità di trattamenti invasivi. Questa tecnologia ha il potenziale per rivoluzionare la dermatologia rigenerativa e la medicina estetica, offrendo trattamenti meno invasivi, più sicuri e con tempi di guarigione significativamente ridotti. Combinando le proprietà biologiche di prodotti naturali e materiali innovativi, miriamo ad affiancare o sostituire terapie tradizionali, migliorando la qualità della vita dei pazienti e riducendo i costi sanitari legati a cure prolungate o interventi chirurgici».