Ucciso e fatto a pezzi da madre e compagna per evitare che il figlio andasse in Colombia
Dalle indagini emerge un quadro di forte disagio familiare: la madre della vittima era l'unica a portare a casa uno stipendio ed è andata al lavoro dopo il delitto
Gemona Dalle indagini emerge un quadro di forte disagio familiare: la madre della vittima era l’unica a portare a casa lo stipendio. Ed è andata regolarmente al lavoro dopo il delitto. Oggi 2 agosto l’udienza di convalida degli arresti per la morte di Alessandro Venier, ucciso e fatto a pezzi da madre e compagna. La mamma della vittima, Lorena Venier, 62 anni, avrebbe ammesso davanti ai magistrati di aver ucciso il figlio 35enne e di aver gettato il suo corpo, fatto a pezzi, in un bidone: «Ho fatto qualcosa di mostruoso», avrebbe detto ai magistrati parlando del delitto in cui è coinvolta anche la compagna di lui, Mylin Castro Monsalvo, anche lei in carcere a Trieste con l’accusa di omicidio.
Anche se il movente non sarebbe ancora chiaro, la madre potrebbe aver ucciso il figlio perché lui sarebbe stato intenzionato a trasferirsi in Colombia, portando con lui figlia e compagna, operatrice socio-sanitaria prima di restare incinta cui la donna era molto legata: l'uccisione di Alessandro è avvenuta alla vigilia della partenza.
Le due indagate compariranno davanti al Gip per la convalida dell’arresto: sarà contestata la premeditazione. A quanto pare la vittima aveva intenzione di trasferirsi in Colombia, insieme alla compagna, anche lei accusata dell’omicidio, e alla figlia di 6 mesi. Le due indagate – tra cui si sarebbe creato un “legame eccezionale” – avrebbero confessato la responsabilità dell’efferato delitto. Sarebbero state loro a chiamare il 118 dopo aver gettato il corpo dell’uomo ricoprendolo con la calce per nascondere l’odore.