La Nuova Sardegna

Il reportage

A Cabras è allarme sicurezza per i migranti, ma il paese è diviso

di Enrico Carta e Paolo Camedda
A Cabras è allarme sicurezza per i migranti, ma il paese è diviso

La minoranza vuole chiudere il centro di accoglienza. Il sindaco frena: «Polverone da ridimensionare»

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Cabras Il pomeriggio sembra più adatto a una siesta che allo scontro politico la cui eco anima, ma non troppo, le chiacchierate tra amici o in famiglia. Il caso migranti – figlio di recenti episodi di cronaca e della richiesta della minoranza di chiudere il centro di accoglienza – riscalda la temperatura nei bar e per strada, sebbene la calura estiva sia passata e gli animi restino compassati di fronte a un caffè o a una mezza birra poggiata sul tavolino. Di fronte al centro di accoglienza di via Tharros, dimora di oltre cento stranieri, le uniche voci sono quelle di ospiti che trascorrono al telefono qualche momento sul balcone e di chi scambia due chiacchiere nel piazzale di fronte all’ex albergo Summertime da qualche anno diventato centro di accoglienza. È lì che arrivano su bici elettriche due giovani di rientro dal lavoro in un’azienda agricola. Altri passeggiano in centro, piccoli e sporadici gruppetti di due o tre persone.

Il sonnacchioso dopo pranzo sembra tutto fuorché il teatro in cui ribolle il confronto politico cominciato venerdì con una mozione firmata dai consiglieri di minoranza che chiedono la chiusura dei due centri – oltre quello per gli adulti, c’è quello per i minori –. Non sono stati solo un recente accoltellamento, liti e scontri avvenuti all’interno a far suonare l’allarme, ma anche una serie di episodi per strada con occhiate, apprezzamenti e avvicinamenti sgraditi a ragazze e donne sole, soprattutto dalle parti di via Toscana, e furti come quello del furgone del panificio Poddi o quello di una bicicletta da un officina. Tra i cittadini, anche pubblicamente sui social narrando di un poco piacevole “pedinamento” c’è chi ha lanciato l’allarme e a raccoglierlo sono stati i consiglieri Gianni Meli, Fenisia Erdas, Federica Pinna, Efisio Trincas e Antonello Manca, l’intera minoranza.

«Abbiamo presentato la mozione perché c’è molta preoccupazione – sottolinea Gianni Meli –. Non si tratta di razzismo, ma la gente non si sente più sicura. Molti si sono integrati e lavorano seriamente, però da due mesi è cambiato qualcosa, magari sono arrivati dei soggetti particolari che stanno creando problemi. Oggi molti cittadini hanno paura a fare una passeggiata o a rientrare tardi. I migranti vanno gestiti meglio e controllati. Sono accaduti vari disordini e non vogliamo che sfocino in qualche episodio più grave. Vorremo che tutti assieme si trovasse una soluzione».

La sabbia in un ingranaggio che pareva oliato da anni l’avrebbe messa l’arrivo di alcuni migranti nordafricani che sarebbero entrati in contrasto con gruppi di persone provenienti dal Pakistan che già da tempo dimoravano a Cabras senza aver creato alcun problema. L’episodio culmine è stato l’accoltellamento che, peraltro, ha suscitato un’immediata reazione, tanto che il prefetto Salvatore Angieri ha revocato le misure di accoglienza nei confronti di cinque persone.

L’amministrazione ha la replica pronta. Parla il sindaco Andrea Abis. Il primo cittadino è netto: «Si sta montando un caso su una vicenda da ridimensionare per la sua reale portata. Si tratta, per lo più, di episodi avvenuti all’interno dei centri di accoglienza. Si aggiunga poi che il collegamento continuo e la collaborazione tra chi li gestisce, l’amministrazione comunale e le forze dell’ordine hanno permesso di risolvere in tempi rapidissimi le varie situazioni. Chi doveva essere allontanato è stato allontanato tramite i provvedimenti del prefetto col quale siamo sempre in contatto e che è sempre stato più che tempestivo nell’intervenire assieme alle forze dell’ordine. Questo polverone non è utile, meglio segnalare i casi in cui ci sono problemi».

L’assessora alle Politiche sociali Laura Celletti rinforza il concetto: «Le dichiarazioni rilasciate dalla minoranza denotano la totale mancanza di conoscenza dell’argomento, supportata da percezioni personali e non da dati tangibili. Concreto è invece il lavoro che quotidianamente i Servizi sociali e gli Uffici dell’Anagrafe svolgono, in sinergia con la prefettura e i carabinieri. Il centro per l’istruzione per gli adulti quest’anno conta circa novanta iscritti; da tre anni svolge le lezioni serali per i ragazzi ospiti dei due Cas, prendendosi cura di loro e accompagnandoli nel percorso di integrazione».

In mezzo allo scontro politico ci sono i cittadini che si dividono tra timori e storie di integrazione consolidata. Diversi migranti lavorano per aziende e attività locali dell’agricoltura, della panificazione, della ristorazione e della ricettività. «Io ho attualmente due lavoratori del Bangladesh – racconta Marina Pau, che gestisce il chiosco Da Marina a San Giovanni di Sinis –. Sono bravi ragazzi, mi sono trovata benissimo e non si sono mai comportati male. Uno è lavapiatti, l'altro aiuta nella preparazione e nella pulizia del pesce e degli antipasti. Sta diventando sempre più capace e si sta cimentando anche nelle grigliate e nelle fritture».

Avendo un contratto regolare e superando i seimila euro di reddito, da dicembre non potranno più alloggiare nel centro: «Sto facendo di tutto per cercare loro una casa in affitto, ma purtroppo non è semplice. Per me sono quasi come dei figli e stiamo anche ragionando sulla possibilità di contratto a tempo indeterminato, che permetterebbe loro di tornare nel loro paese per fare visita ai genitori. Uno dei miei ospiti non vede la madre da undici anni».

Nell’azienda risicola I Ferrari lavora Oussama, trentenne marocchino che ha anche giocato a calcio con l’Atletico Cabras: «È con noi dal 2016, è un bravissimo ragazzo e un grande lavoratore». In fondo anche i cittadini sono più preoccupati da comportamenti di singoli o di piccoli gruppi piuttosto che dalla presenza di oltre cento migranti.

«La maggior parte dei migranti sono brave persone e non rappresentano un problema, ma ci sono mele marce che importunano ragazze e donne, che rubano o che sono aggressivi e questo non è accettabile», dice Marcello Spanu dal bancone del bar L’aperitivo.

Per Mirella e Diletta (hanno chiesto di non divulgare il cognome,ndr) «la maggior parte sono persone tranquille», ma una di loro aggiunge: «Mia figlia mi ha però raccontato che mentre faceva una passeggiata in piazza Stagno, alcuni dei migranti la fissavano con insistenza. Da allora le ho detto di non andare più da sola lì. Un po’ di paura c’è». E proprio sulle panchine di piazza Stagno altre due signore che chiedono l’anonimato se la prendono con chi gestisce i centri: «Devono stare più attenti nel far rispettare regole e orari di uscita e rientro». E poi ci sono tre anziani al bar Sole Luna: «Rompono le scatole e hanno fatto diversi furti. Poi c’è quello che succede dentro il centro», ma uno di loro poi chiarisce: «Sono pochi quelli che si comportano male, mio figlio ha un’impresa edile e ha due dipendenti stranieri, sono bravissimi».

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