L’esperto: «Aprire la caccia tutto l’anno farebbe aumentare il numero dei cinghiali»
Paolo Briguglio, direttore della clinica Duemari: «Incrementando gli abbattimenti non si risolve il problema»
La polemica esplosa dopo l’incidente mortale dell’ortopedico Ciriaco Meloni ha riportato al centro il dibattito sulla gestione dei cinghiali. Paolo Briguglio, direttore sanitario della clinica Duemari, interviene con un lungo post invitando a «dare un piccolo contributo a difesa della verità», perché «come spesso capita, è un pelo più complessa» delle soluzioni sloganistiche.
«Al posto del medico ortopedico poteva esserci ognuno di noi», scrive, ricordando che investire un animale «può portare a gravi conseguenze». Ma i cinghiali «hanno tutto il diritto in qualità di animali selvatici di muoversi sul territorio» e, nella maggior parte dei casi, «sono loro a rimetterci la vita».
La risposta più diffusa – «uccidiamone il più possibile», «caccia aperta tutto l’anno» – è, secondo Briguglio, solo una «soluzione semplice e apparentemente efficace». In realtà, spiega l’esperto, l’aumento della popolazione è favorito da inverni più miti, abbondanza di cibo e abbandono delle zone rurali, fattori tutti antropici. Inoltre, incroci e ibridazioni con ceppi più prolifici hanno reso gli animali più adattabili e più fecondi.
Sparare indiscriminatamente, aggiunge, «esita nel paradossale risultato di aumentare la numerosità della popolazione». La dispersione dei branchi, regolati da una “gerarchia matriarcale», spinge infatti le femmine giovani a riprodursi di più: è la cosiddetta “riproduzione compensatoria”.
«La Natura non fa mai cose a caso», conclude Briguglio, invitando a «diffidare delle soluzioni troppo semplici» e di chi le cavalca. Perché il problema si affronta «in maniera organica e complessa», non a colpi di fucile.
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