La Nuova Sardegna

Il racconto della tragedia

Naufragio a Capo Figari, parla il comandante del peschereccio: «Sono rimasto ore in mare senza sapere se sarei sopravvissuto»

di Tiziana Simula
Naufragio a Capo Figari, parla il comandante del peschereccio: «Sono rimasto ore in mare senza sapere se sarei sopravvissuto»

Mario Langiu: «Il mio amico Mandi è morto, io non ho più nulla. La vita non può valere così poco»

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Golfo Aranci «Una morte e una vita distrutta valgono così poco?». È l’interrogativo che assilla da giorni Mario Langiu, sopravvissuto per miracolo a un naufragio e da allora col lutto nel cuore per la scomparsa del suo amico e marinaio, Mandi, ingoiato dal mare. A stento ha ripreso in mano la sua vita e cerca di ricostruirla giorno dopo giorno, da quella maledetta notte, quando, aggrappato alla zattera di salvataggio del suo peschereccio, dopo la collisione con una nave passeggeri, era riuscito a scampare alla morte, mentre la sua barca affondava trascinandosi dietro la vita del suo compagno di lavoro.

Immagini che continuano a tormentare le sue notti e a condizionare la sua esistenza. Ma al dolore, ora, si aggiungono rabbia e incredulità per come si sta concludendo l’inchiesta giudiziaria sul naufragio. A poco più di due anni dalla collisione tra la nave Sharden della Compagnia italiana di navigazione, e il suo peschereccio, Alemax II, costata la vita al marinaio senegalese Diome Mandè, “Mandi”, per i golfoarancini, la tragedia di Capo Figari arriverà la prossima settimana in tribunale. I difensori dei tre indagati – il comandante della nave Luigi Coppola, il secondo ufficiale di coperta Mimmo Ceserale, e il marinaio timoniere Giacomo Mereu – hanno chiesto di patteggiare la pena. Devono rispondere di omicidio colposo, naufragio colposo e omissione di soccorso.

La Procura di Tempio ha dato il proprio consenso alle pene proposte dai difensori: 10 mesi e 20 giorni di reclusione per il comandante della nave Coppola; 1 anno, due mesi e 20 giorni di reclusione per il secondo ufficiale Cesarale, stessa pena per il timoniere Mereu, con pena sospesa per tutti. L’entità dei patteggiamenti ha lasciato sconcertato il 30enne di Golfo Aranci. Al quale, al momento, non è arrivata neppure un’offerta di risarcimento.

«Mi sento profondamente amareggiato dal fatto che la vita del mio amico Mandi e la mia abbiano così poco valore. Soprattutto, di fronte all’evidenza delle colpe – dice –. Sono state violate le basilari norme della sicurezza in mare, e cosa anche più grave, l’obbligo di soccorso. Sono rimasto ore in mare senza sapere se sarei sopravvissuto, e sono stato salvato da altri, non da loro. Questo, è quello che io e Mandi valiamo per loro... Una morte e una vita distrutta valgono questo?».

L’ultima parola, ovviamente, spetta al giudice. Che dovrà dire se ritiene congrua e corretta la pena concordata da accusa e difesa. Potrebbe accettarla oppure rigettarla. L’udienza è fissata per l’11 dicembre. «Attenderemo il vaglio del gip sulla correttezza tecnica e sostanziale del patteggiamento, con la viva speranza che possa esserci una decisione corretta ed equa, in relazione a questa triste vicenda che ha distrutto molte vite e merita, non vendetta, ma giustizia», commenta l’avvocato Michele Pilia, che assiste il giovane sopravvissuto.

Mai, Mario Langiu, cancellerà dalla sua testa l’inferno vissuto quella notte in mezzo al mare: l’impatto con la nave Sharden, la sua vita aggrappata alla zattera di salvataggio, quella del suo marinaio finita a 90 metri di profondità. Era stato in balìa delle onde per quasi due ore. Era stato salvato da un equipaggio francese che navigava a bordo di una barca a vela. Lo avevano recuperato e portato al molo Brin, a Olbia. Inizialmente era stato indagato anche lui. Poi, la Procura di Tempio – titolari del fascicolo il procuratore Gregorio Capasso e il sostituto Mauro Lavra – avevano chiuso la lunga e complessa attività d’indagine stabilendo che la responsabilità di quanto avvenuto era stata esclusivamente della nave passeggeri.

E la posizione del comandante del peschereccio era stata archiviata. «Il dolore per la perdita del mio amico mi tormenta. Vedere il mio volto associato alla sua morte è stato un supplizio», aveva detto quando furono chiuse le indagini e stabilite le responsabilità. Mario Langiu andava in mare da quando aveva 16 anni. Il suo progetto di vita era investire e crescere nel settore della pesca, il peschereccio Alemax II era stato il suo ultimo acquisto.

Ora l’obiettivo è ricostruirsi la vita, l’idea di fare il pescatore è lontana mille miglia. Troppi ricordi, troppo dolore. «Non riesco più ad andare per mare per tanto tempo, come facevo prima. Allora stavo fuori per giorni a fare il lavoro e la vita che amavo. Ora le cose sono cambiate. E tutto questo senza uno straccio di scuse, né tantomeno un’ offerta di risarcimento. Spero che chi dovrà decidere su questo patteggiamento riconosca che una vita umana perduta ed una distrutta non possono valere così poco».

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