L’esperta ai genitori: «Basta con punizioni e ricatti, sì alle regole ma col sorriso»
A Sassari l’incontro con Silvia Iaccarino: «I bambini cattivi non esistono»
Sassari Basta con le punizioni, i ricatti emotivi o le minacce di ritorsioni. Il messaggio rivolto dall’esperta di educazione e psicomotrocista Silvia Iaccarino agli adulti sassaresi è molto semplice: «Quando si interagisce con i bambini, le regole sono fondamentali, ma vanno date con il sorriso».
L’esperta ha incontrato genitori, insegnanti e educatori nei giorni scorsi all’ExMater di via Zanfarino, durante il secondo appuntamento del ciclo “Una rete per l’educazione”, organizzato dalla cooperativa San Camillo De Lellis con il patrocinio dell’amministrazione comunale.
Il dialogo è partito dalla provocazione di Silvia Iaccarino, che era anche il titolo dell’iniziativa: “I bambini cattivi non esistono”. «È una convinzione molto diffusa, quella che i bambini si comportino male per fare un dispetto, che provochino gli adulti per mancargli di rispetto, che siano un po’ come selvaggi, che vanno raddrizzati prima che sia troppo tardi» spiega l’esperta. E allora via con l’armamentario del passato: zoccoli, cinghia, battipanni. O con le minacce (“Se non fai da bravo non esci”) e i ricatti morali (“Se non la smetti mamma e papà diventano tristi”).
Un bagaglio educativo che arriva dal passato: «Gli studiosi, come Katharina Rutschky e Alice Miller, lo hanno definito pedagogia nera ed è ancora parecchio in voga, anche perché è il modello educativo che gli adulti di oggi hanno conosciuto sulla propria pelle e che va avanti da millenni».
Un metodo che però andrebbe abbandonato, anche perché non porta proprio nessun risultato: «Lo dimostrano le ricerche neuroscientifiche: le punizioni non funzionano. Gli educatori del passato, però, non avevano accesso a queste ricerche. Ora, invece, la scienza si sta facendo strada pian piano dentro i misteri del cervello e non ci sono più scuse».
Silvia Iaccarino propone piuttosto un cambio di prospettiva: «I bambini non sono adulti in miniatura. Piuttosto, sono extraterrestri appena sbarcati in un pianeta di cui non sanno e non capiscono niente. Allora, vanno puniti o aiutati a orientarsi, in questo mondo?». Sulla carta, tutto bello. Ma è facile prevedere le obiezioni dei genitori: “Se non posso punirlo, come faccio a fargli capire che sbaglia?”.
La risposta è semplicissima: «Ci vuole pazienza. Il fatto è che i bambini capiscono le regole abbastanza in fretta, ma non riescono a gestirsi, perché il loro cervello non è abbastanza maturo. Esattamente come un adulto che apre un pacchetto di patatine e sa che non dovrebbe mangiarle tutte, ma non riesce a fermarsi. Così, un bambino di due anni che va all’asilo sa che non deve mordere il compagnetto, ma quando gli viene l’impulso non sa come controllarlo. Per sviluppare questa capacità ci vogliono 25 anni e i primi risultati non si vedono prima di 7 o 8». E nel frattempo? «Nel frattempo ci si arma di pazienza, si lavora, si spiega, si reindirizza. L’adulto, che sia un genitore o un professionista, deve essere come un giardiniere: se pianto oggi una quercia, dovrò aspettare perché diventi un albero forte e sano, ma intanto dovrò prendermene cura».
Bisogna però stare attenti a non cadere nell’errore opposto: «Il no alle punizioni non vuol dire anarchia. E non vuol dire nemmeno bombardare i bambini di parole, spiegargli i concetti come se fossero degli adulti». Bisogna adottare un atteggiamento equilibrato: «Le neuroscienze ci dicono che il modello educativo più efficace è quello dell’adulto autorevole. L’adulto e il bambino non sono sullo stesso livello, il primo deve mostrarsi saldo, dare delle regole, ma farlo con il sorriso, senza rinunciare alla gentilezza».
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