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Sassari

Sanità

Protesi in titanio di astragalo e tibia: primo intervento eseguito in Sardegna

Protesi in titanio di astragalo e tibia: primo intervento eseguito in Sardegna

Al Policlinico Sassarese operato un paziente di 65anni colpito da grave necrosi: riprenderà a camminare

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Sassari Al Policlinico Sassarese è stato effettuato il primo intervento di protesi in titanio “su misura” di astragalo e di parte della tibia. E’ la prima volta in Sardegna. Il paziente, un sessantacinquenne, è stato operato nel presidio sassarese nei giorni scorsi all’arto inferiore destro a seguito di una grave necrosi dell’astragalo, osso parte dell’articolazione della caviglia, e perdita di sostanza tibiale in esiti di una precedente protesi risalente al 2015.  L’uomo è stato dimesso nella giornata del 15 dicembre in buone condizioni.

Lo specialista Andrea Valcarenghi, responsabile dell’Unità funzionale di Chirurgia del piede e della caviglia del reparto di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico Abano di Abano Terme (PD), presidio capofila di Gol-Gruppo Ospedaliero Leonardo di cui fa parte anche la struttura sarda, ha eseguito l’intervento in collaborazione con i colleghi Marco Zamperetti e Luca Di Lenarda del team di Abano e con Sara Meschini del Policlinico Sassarese.

L’équipe ha utilizzato una metodica che, grazie all’elaborazione tridimensionale delle immagini della tac prima dell’intervento, consente di accoppiare un modello di protesi custom made della tibia a una protesi custom made dell’intero astragalo e di eseguire un allineamento osseo con precisione millimetrica in base al dettagliato planning operatorio inviato dalla ditta produttrice. In questo ambito la clinica veneta ha già al suo attivo una consolidata casistica tra le più ampie d’Italia e ha portato il know-how acquisito in questi anni anche nella casa di cura sarda. La caviglia è un’articolazione dalla biomeccanica particolare. Ha una superficie molto piccola, che subisce sollecitazioni importanti legate al carico che ciascuno di noi produce a ogni passo. Inoltre, a differenza delle articolazioni di ginocchio e anca che sono isolate, la caviglia è inserita in un contesto di collegamento tra gamba e piede, messi a loro volta in contatto dall’articolazione tibio-tarsica. Programmare un intervento di protesi di caviglia, dunque, non è così semplice e occorre mettere in conto una serie di fattori secondari all’assetto del piede o all’allineamento delle estremità di tibia e perone.

«Grazie all’intervento, il paziente potrà tornare, dopo un periodo di riabilitazione necessario all’integrazione del nuovo impianto, a camminare senza particolari difficoltà o dolore. Potrà fare una vita normale evitando gli sport ad alto impatto che includono corsa, salti o contatto fisico. Potrà, invece, dedicarsi alle camminate, andare in bicicletta, nuotare e frequentare la palestra”, sottolinea il dottor Valcarenghi.

I casi come questo sono molto rari. Gli specialisti intervengono quando viene riscontrato il fallimento di un precedente impianto protesico a causa di necrosi, che provoca lo sbriciolamento dell’osso, o perdita di sostanza ossea, che causano molto dolore e limitano in maniera significativa la deambulazione, con conseguente zoppia, e lo svolgimento delle attività quotidiane. «Il paziente operato – prosegue Valcarenghi - è affetto da una grave necrosi avascolare astragalica e tibiale con conseguente instabilità e mobilizzazione della protesi precedentemente impiantata. In questi casi di cattiva qualità ossea non è possibile procedere a una revisione protesica con protesi tradizionali, ma si può ricorrere a una ricostruzione completa della parte danneggiata in un materiale biocompatibile come il titanio”. Il “nuovo” osso viene progettato grazie allo studio della tac 3D eseguita su entrambe le caviglie. L’alternativa a questa tecnica innovativa è l’artrodesi (“fusione”), che sacrifica, però, il movimento della caviglia. “Il paziente - conclude il dottor Valcarenghi - può ottenere, come già successo per gli altri interventi di questo tipo eseguiti nell’ultimo anno nella nostra struttura, una buona funzionalità della tibio-tarsica, eliminare o ridurre il dolore in maniera significativa e avere risultati duraturi nel tempo senza dover ricorrere alla ‘fusione’ della caviglia, unica alternativa in questo tipo di patologia, che può comunque essere eseguita in un secondo momento in caso di problematiche future”.

La degenza standard per questa tipologia di intervento protesico è di due o tre giorni con inizio della riabilitazione fisioterapica, in collaborazione con il reparto di riabilitazione funzionale, a tre-quattro settimane dall’intervento.

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