La Nuova Sardegna

Il ricordo

«Ho imparato a sorridere da mio padre»

di Giada Bussu
«Ho imparato a sorridere da mio padre»

Il viaggio in Francia, la voglia di vivere sempre: la lettera di Giada dedicata al suo papà che non c’è più

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Nonostante la sua malattia, niente è riuscito a fermarlo, l'uomo più forte che conosca: mio padre. Era il 2022 quando scoprì che la sua battaglia contro il cancro non era ancora finita, è stato proprio allora che decise di vivere ogni momento della sua vita e, con la stessa leggerezza, prenotò dei biglietti per un viaggio da sogno.

Scoprì un paesino con 223 abitanti di nome Bussu situato nel dipartimento della Somme. Fu così entusiasta che un paesino della Francia avesse il suo stesso cognome che propose a me e mia madre un viaggio da Parigi a Bruxelles. È stata un’avventura indimenticabile, non avevamo un itinerario, ma mio padre aveva pianificato a sorpresa di portarci a Bussu. Infinite destinazioni programmate, poi con la scusa di aver trovato una scorciatoia mio padre ci indirizzò verso Bussu. Appena entrati nel paese iniziò a bussare alle porte degli abitanti per chiedere del sindaco e quando lo trovò, con il traduttore del telefono, gli raccontò la sua storia. Il sindaco ci fece fare il giro del paese, ci accolse nel suo ufficio e ci sorprese con un lettera che ci attestava la cittadinanza onoraria per il nostro cognome. Nei mesi seguenti mio padre e il sindaco si sentirono spesso e tutta la comunità del paese gli mandava dei messaggi di conforto.

Poco dopo iniziò la radioterapia e decise di realizzare un suo obbiettivo: andare all'università. Mio padre è sempre stato amante di scoperte e avventure, così si iscrisse alla facoltà di Lingue. Si dedicò a questa nuova esperienza tanto da esserne orgoglioso e vantarsi con tutti, diede alcuni esami. Durante una prova scritta si accorse che non riusciva a muovere la mano: erano i primi segni dell’emiplegia che poco a poco iniziarono a peggiorare, da quel momento ho realizzato quello che stava passando per anni senza farlo pesare alla famiglia. È sempre stato sorridente, non parlava quasi mai della sua malattia, e questo mi ha sempre fatto pensare che fosse tutto a posto quando in realtà combatteva ogni giorno. Molti viaggi che abbiamo fatto erano per le sue cure e, nonostante tutti i trattamenti che lo stancavano, babbo ci portava in giro per vedere nuovi posti così da non rattristarci sulle sue condizioni di salute. Sono e sarò per sempre orgogliosa di essere figlia di un uomo così amorevole e forte. Devo a lui tutto: dalle conoscenze che mi ha dato ai valori con i quali mi ha cresciuta, soprattutto quello della famiglia. Porterò avanti tutta l’eredità di vita che mi ha dato.

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