La Nuova Sardegna

Fuga dai piccoli centri

La vita in un paesino: che bella la tranquillità, peccato che manchino i servizi, ecco perché i giovani scappano

di Lara Ara*
La vita in un paesino: che bella la tranquillità, peccato che manchino i servizi, ecco perché i giovani scappano

Niente medico e servizi inadeguati: io sono la prima a non vedere l’ora di andarsene da un posto che è stata la mia casa ma che mi limita

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Sogno? No, son desto! In questo articolo affronteremo la realtà del tanto romanticizzato fascino rurale della Sardegna. Del resto chi non sogna di vivere in un piccolo e tranquillo paesino di campagna vicino al mare? Immaginate di svegliarvi col sole che tinge di mille tonalità di rosa il cielo dell’aurora, uscire per andare al mercato accompagnati dal dolce cinguettio degli uccellini, sentire il caldo tepore del sole sul viso mentre si esce in giardino a raccogliere il basilico fresco per insaporire il pranzo, una vecchietta che racconta storie di una giovinezza lontana davanti a un indimenticabile tramonto.

Paradisiaco vero? E ancora: decidere di voler andare in spiaggia, quindi prendere una bicicletta e pedalare per una decina di minuti, fino ad arrivare in un Eden di colori turchini che si mescolano all'azzurro del cielo; o ancora gustare un gelato alla sera mentre si guardano le stelle insieme a una persona cara. Probabilmente il sogno di molti. Ecco, la realtà è molto diversa. Ovviamente avvengono tutte le cose sopra citate: un delizioso gallo che al levar del sole disturba un’intera via o le dolci nonnine che potrebbero benissimo diventare direttrici dei servizi segreti. Forse questi luoghi sono un sogno per molti turisti, che li assaporano per una settimana e poi ne portano il caldo ricordo per tutta una vita. Abitarci è completamente diverso: ci sono pochi ragazzi, la compagnia è un po’ di fortuna, fenomeni come esclusione e bullismo sono frequenti e pesanti, non ci sono servizi essenziali come il medico, per dilettarsi in attività sportive o ricreative spesso è necessario spostarsi in città a volte anche a più di un ora di distanza, i trasporti sono scarsi e inadeguati, i ragazzi spesso bevono e fumano per “noia” e soprattutto in questi ultimi tempi il consumo di sostanze illecite è aumentato. Allora mi chiedo, ma davvero non si può trovare una soluzione? È realmente necessario rovinarsi la vita per “noia”? Non si può trovare il modo di rendere queste piccole realtà più interessanti per i giovani che ne fanno parte? Io sinceramente sono la prima che non vede l’ora di “scappare” da un paese che mi ha fatto da casa, ma mi ha anche soffocata tra i suoi spazi limitati. Personalmente non farei crescere i miei figli durante l'adolescenza in un paesino, perché è privo di stimoli. Spero però un giorno di potermi ricredere, sarebbe infatti bellissimo veder rinascere tante piccole realtà che per molti sono “casa”, ma una casa troppo piccola per potervi restare e costruire qualcos'altro.

*Lara frequenta il Liceo Azuni a Sassari, classe 3A

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