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Nicola Nanni: «Lavoro e fiducia per spingere la Torres»

di Andrea Sini
Nicola Nanni: «Lavoro e fiducia per spingere la Torres»

L’attaccante rossoblù ha segnato 3 gol nelle ultime 2 gare. «Anche quando ho giocato poco non ho mai mollato»

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Sassari Zero ore di sonno sulle gambe, come tutte le notti post partita. Una valanga di messaggi sullo smartphone ai quali rispondere un po’ alla volta. Una passeggiata in riva al mare di Alghero a respirare a pieni polmoni l’aria di un’isola che lo ha conquistato. Il day after di Nicola Nanni porta le bellissime scorie di un mercoledì da ricordare. Il momento magico dell’attaccante della nazionale di San Marino e della Torres, già match winner della sfida di 10 giorni prima ad Ascoli, si è concretizzato con la doppietta che ha steso il Carpi. Due gol d’autore: piattone di sinistro a incrociare su perfetto assist di Gigi Scotto e dribbling funambolico in area, due difensori saltati come birilli e tocco a sorprendere il portiere.

Non proprio due gol “da Nanni”, direbbero i malevoli. E invece?
«Invece bisogna sempre provarci. Nel primo caso dovevo calciare e basta, e l’ho colpita bene. Nel secondo ci ho provato, con un po’ di incoscienza, ma soprattutto con lucidità e sicurezza. Non sono gesti che arrivano a caso».

In che senso?
«Arrivo da un percorso extra campo affrontato in questi mesi con un grande professionista come Simone Ripamonti. Abbiamo fatto un super lavoro a livello fisico e ora sento di aver fatto un cambiamento importante. Cosa che si riflette anche sulla tecnica e sulla sicurezza nelle giocate».

Nei mesi scorsi ha giocato pochissimo. Come ha vissuto questo lungo periodo dietro le quinte?
«Lavorando tanto, con grande serenità. E in questo i miei ringraziamenti vanno allo spogliatoio: al mister, che non mi ha mai fatto mancare la fiducia, e ai compagni di squadra, con i quali ho un rapporto splendido».

Dopo il gol capolavoro al Carpi il primo che è corso ad abbracciarla è stato Fischnaller, al quale per una volta aveva soffiato la maglia da titolare.
«Sono legatissimo a Manuel, a livello caratteriale mi rivedo in lui. Ma lui è un esempio per tutti: per noi compagni, prima di tutto, perché parla con i fatti, ma anche per tutti i bambini che vogliono giocare a calcio».

Lei classe 2000, è l’unico giovane in un reparto avanzato di vecchie volpi...
«Cerco di imparare qualcosa da ognuno di loro. Scotto e Mastinu, con il loro carattere e il loro spirito d’identità sono la forza trainante di questa squadra. Anche quando ero un po’ ai margini delle rotazioni non mi sono mai sentito escluso, né dal gruppo né dalla squadra. E intanto ho continuato a lavorare».

D’altronde per essere il capitano di una nazionale serve un certo carattere.
«Sono fiero di essere il capitano di San Marino, in questo momento sono anche l’unico professionista del mio paese».

Che lavoro fanno i suoi compagni di nazionale?
«È un gruppo molto giovane, quindi alcuni ancora non lavorano. Altri fanno i commessi, gli impiegati, i contabili».

Persone che fanno vite normali e che ogni tanto...
«Ogni tanto la nazionale chiama e ci si trova proiettati in un mondo incredibile come quello del calcio internazionale. Mi è capitato di scendere in campo a Wembley contro l’Inghilterra, ho giocato qualche minuto a Cagliari contro l’Italia. Sono esperienze che ti formano, come uomo e come calciatore».

San Marino ha la fama di squadra materasso, ma forse le cose stanno cambiando.
«Proprio così. Siamo poco più di 30mila, abbiamo un bacino ridottissimo, ma lo scorso autunno abbiamo ottenuto risultati straordinari, vincendo il nostro girone di Nations league, facendo risultato con altre squadre del nostro livello ma con le quali solitamente perdevamo».

Invece avete messo in fila una serie di record storici per la vostra nazionale e lei ha contribuito con due gol.
«È stato un autunno bellissimo, quella è la più grande soddisfazione che mi sono tolto nella mia carriera. Noi sanmarinesi di fatto siamo italiani, ma andiamo molto fieri della nostra specificità. Vorrei che San Marino diventasse una nazionale rispettabile e credibile agli occhi del pubblico, non più la cenerentola di turno. Credo che questo processo sia iniziato».

Come sta un sanmarinese in Sardegna?
«Da dio. Sono stato bene a Olbia, sto bene a Sassari e da qualche settimana mi sono trasferito ad Alghero perché adoro il mare e nei momenti liberi cerco di godermelo. Ormai in Sardegna mi sento davvero a casa, ho imparato le dinamiche legate al vostro comportamento. Ho visto che all’inizio studiate un po’ chi viene da fuori, ma quando capite che chi vi sta davanti vi rispetta, allora è davvero tutto in discesa. Mi sento davvero parte del tessuto sociale di questa terra».

Domenica a Lucca archivierete la stagione regolare. Poi ci sono i playoff. Come li affronterete?
«Mercoledì col Carpi abbiamo messo il mattoncino finale sul terzo posto. Ora il focus va sull’11 e il 14 maggio. Dobbiamo concentrarsi sull’obiettivo gara dopo gara, vogliamo vivere questo momento insieme alla città e fare bene per noi stessi e per la città. Nello spogliatoio ne parliamo, abbiamo tutti un sogno e vogliamo vivere qualcosa di straordinario per il club».

Se tornerà a sedersi in panchina sarà un problema?
«No, perché l’obiettivo non è del singolo ma della squadra. Si giocherà ogni 3 giorni e chiunque di noi potrà fare la differenza. Non bisogna guardare alla maglia da titolare o al minutaggio, serve un blocco di 25 ragazzi mentalizzati, che vedono solo il risultato finale. C’è anche un bello spirito di competizione tra noi».

Cosa c’è nel suo futuro?
«Ho tanti sogni, compresa un’esperienza all’estero. Ma soprattutto sogno di scalare le categorie e ora ho davanti una grande opportunità di poterlo fare con la maglia della Torres. Non potrebbe esserci niente di più bello».

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