La Nuova Sardegna

L’intervista

Inti-Illimani e Giulio Wilson: «Un disco sulla siccità del clima e delle relazioni»

di Paolo Ardovino
Inti-Illimani e Giulio Wilson: «Un disco sulla siccità del clima e delle relazioni»

Il gruppo cileno insieme al cantautore fiorentino in tour nell’isola: il 27 luglio a Cagliari e il 6 agosto ad Alghero, col nuovo album “Agua”

26 luglio 2024
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Ci hanno riflettuto tutti, in questi ultimi anni. Attivisti, politici, artisti. Ma gli Inti-Illimani, gruppo cileno celebre in tutto il mondo, massimo rappresentante della musica andina e impegnata, insieme al cantautore fiorentino Giulio Wilson, il tema del climate change lo hanno messo in musica. In un disco, “Agua”, che la formazione allargata sta portando sui palchi estivi. In questi giorni faranno tappa in Sardegna. Domani, sabato 27 luglio, al Rocce rosse blues al Teatro Massimo di Cagliari. Martedì 6 agosto a Lo Quarter ad Alghero. Per gli Inti-Illimani parla il chitarrista e fondatore Jorge Coulón, in un’altra telefonata c’è Giulio Wilson.

Già, ma com’è nato questo sodalizio?

Wilson: «Con un brano registrato assieme qualche anno fa, “Vale la pena”. Poi è stato un crescendo di fiducia e dai concerti abbiamo deciso di fare un disco. Abbiamo lavorato a stretto contatto, un mese chiusi in una casa. Ci siamo accorti che il denominatore comune delle canzoni era il cambio climatico, con ragionamenti su ciò che succede al pianeta... e alle persone».

Coulón: «Viviamo un periodo di forte siccità, sia in Italia che in Cile. Ma in realtà oltre al tema ambientale la siccità si riferisce al clima di convivenza. E si manifesta oggi nella tolleranza, nella siccità di affetti. In questo modo a poco a poco è venuto fuori il disco».

Qual è finora la risposta al tour? Portare in giro un album del genere significa dare importanza alla riflessione sociale, oltre che all’aspetto prettamente musicale.

Coulón: «Ho notato una risposta diversa rispetto ai concerti fatti negli anni scorsi nei teatri. La reazione è interessante da parte del pubblico. All’inizio c’è sempre una certa attenzione e curiosità quasi a dire “vediamo che cos’è” (ride, ndr), poi però subentra l’euforia e fa piacere. Nel pubblico vedo capelli bianchi ma anche tanti ragazzi».

Wilson: «Tanto entusiasmo: lo spettacolo è coinvolgente. Ci sono le canzoni del nuovo disco e le loro storiche. I pezzi di “Agua” sono unite dalla sensibilità su inquinamento e sostenibilità. A mio avviso sono canzoni senza tempo, non hanno data di scadenza per visione e per temi. Le mie preferite? “Agua”, “Lluvia”, dove ci scambiamo le strofe e il ritornello tra italiano e spagnolo».

Vedere l’impegno politico, sociale, culturale nella musica di oggi è diventata l’eccezione, come mai?

Wilson: «In realtà sono sempre stato convinto che non siano le canzoni a essere impegnate, ma la collocazione che le persone danno loro. Un brano può nascere come scanzonato e diventare impegnato, avere del contenuto non vuol dire per forza impegnarsi verso qualcosa. Forse questo è stato il punto di forza degli Inti-Illimani, che hanno portato avanti sempre questa doppia faccia. Ci sono le canzoni allegre e poi per altri sono dei punti di riferimento su molte questioni sociali. Ma è sbagliato collocare gli artisti».

Coulón, avete sempre detto di avere un rapporto particolare con l’Italia e la Sardegna, può spiegarlo?

Coulón: «Penso la Sardegna sia un posto particolare, speciale. Sin dalla prima volta in cui come Inti-Illimani siamo venuti, e cioè nel 1974, o forse il 1975, abbiamo avvertito un rapporto forte con la gente. E dall’epoca, abbiamo mantenuto delle amicizie. Sono cose difficili da razionalizzare. Però racconto una cosa divertente: un membro del nostro gruppo, purtroppo venuto a mancare nel 2018, era chiamato “il sindaco della Sardegna” (ride). Era Max Berrú, chissà forse anche perché il cognome suonava molto sardo».

Le piace l’Italia di oggi, l’Italia di Giorgia Meloni?

Coulón: «Una domanda a cui è difficile rispondere... però ho tre figli italiani, nati e che vivono in Italia, e allora mi sento in diritto di dire la mia. Dico che c’è una parte d’Italia che non cambia e che a me piace tanto. L’ho rivista recentemente a Bergamo, l’ho vista l’ultima volta che siamo stati ad Alghero... una parte che rinnova sempre un sentimento positivo e, nonostante i governi, continuerà a esserci. Meloni? Ho sentito i suoi interventi nei raduni di estrema destra in Spagna e mi spaventano un po’... però devo dire che in Europa rispetto ai conflitti sento discorsi di guerra soprattutto da quella che era la socialdemocrazia. Sento tifare per le spese militari. La politica europea mi sconcerta sempre di più. Forse la verità è che sono un nostalgico del Pci. E voi in Sardegna ne sapete qualcosa, con Berlinguer e soprattutto con Gramsci...»

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