La Nuova Sardegna

L'intervista

Rita Pavone: «La mia carriera tra Elvis, l'America e il Dadaumpa»

di Alessandro Pirina
Rita Pavone: «La mia carriera tra Elvis, l'America e il Dadaumpa»

La cantante a Sassari per Voci di donna: «Kessler coraggiose, Vanoni straordinaria»

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Voci di donna, per il gran finale, si affida a una delle voci femminili più importanti della musica italiana. Una delle poche ad avere varcato l’Oceano. Oggi, 25 novembre, Rita Pavone sarà al Teatro Verdi di Sassari alle 20.30 per chiudere l’edizione 2025 della rassegna al femminile della Cooperativa Teatro e/o Musica. Una serata in cui l’artista ripercorrerà in musica la sua lunga carriera.

Signora Pavone, ricorda la sua prima volta in Sardegna?
«Ero una ragazzina, avrò avuto 17 o 18 anni. Era subito dopo Studio Uno. Feci tre o quattro tappe. Ma sono tornata tante volte in Sardegna, l’ultima due anni fa a Cagliari, ma sarei voluta venire più spesso. Ne approfitto per salutare una mia carissima amica che vive nell’isola: la grandissima Amii Stewart».

Cosa deve aspettarsi il pubblico di Sassari?
«Questo concerto si chiama “Un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto al futuro”, un titolo che dice tutto. Dice la mia gratitudine per le canzoni che mi hanno lanciato e canto ancora oggi, ma dice anche cosa mi interessa del futuro. Ricordo con piacere il passato ma faccio vedere anche chi è Rita Pavone adesso. Una donna di 80 anni che canta le cose che le appartengono, molto lontana da quella del passato, ma se non ci fosse stata quella non ci sarebbe Rita dopo 63 anni di carriera».

Come descrive la sua carriera?
«Straordinaria. In tempi in cui non esistevano i social ho avuto uno speciale della Bbc di Londra tutto per me. Sono stata cinque volte all’Ed Sullivan show, una sera ero il terzo nome dopo Duke Ellington ed Ella Fitzgerald. Ai tempi le notizie in Italia arrivavano con molto ritardo. Una volta però ci fu un collegamento molto bello con Ruggero Orlando: “Rita Pavone è entrata negli Stati Uniti dalla porta principale”».

Bobby Solo le invidia di avere incontrato Elvis.
«Accadde a Nashville. Ero in uno studio di registrazione. Lui entrò e venne verso di me, poi prese una tela e scrisse “best wishes to Rita” (migliori auguri a Rita, ndr). Ancora la conservo, ma mio figlio minore mi ha detto: “il giorno che non ci sei più me la vendo”».

I suoi miti da ragazzina?
«Mio padre fu un marinaio durante la guerra. Lasciata la Marina ha mantenuto i contatti con i suoi colleghi, che sapevano che la figlia di Pavone amava la musica americana. E così mi portavano dischi che in Italia sarebbero arrivati quattro anni dopo. “Unchained melody” che conosciamo tramite il film “Ghost” è arrivata al decimo remake, mentre io ho l’edizione del 1958 di Ricky Nelson. Ho sempre amato la musica americana, ho conosciuto e frequentato i Beach Boys, i Supremes. E avevo anche dei fan. Una volta Jimmy Davis disse che della musica italiana gli piacevano Rita Pavone e la Pfm».

Pochi giorni fa abbiamo salutato Ornella Vanoni.
«Ho conosciuto Ornella nel lontano 1962, era appena uscita “La partita di pallone”. Ero a Taormina per un festival di giovani talenti. La incontrai, tutti la circondavano, fu molto gentile: mi colpì perché quando parlava era come squittisse. Da lì è nata una bella amicizia, anche se ho trovato una sola foto insieme a “Partisissima” con Dalida e Domenico Modugno. È stata una grandissima artista».

In questi giorni in tv hanno mandato in onda lei che balla il “Dadaumpa” con le Kessler.
«Eravamo a Studio Uno, io arrivavo loro alle anche. Due grandi, molto simpatiche, molto tedesche, puntualissime. Mi ha stroncato la loro morte. Bisogna avere molto coraggio per fare quello che hanno fatto. Nel loro gesto ci sono dolore, ma anche bellezza e romanticismo. Come dire: siamo nate insieme e ce ne andiamo insieme».

Ha qualche rimpianto?
«Di non essere rimasta negli Stati Uniti, ma ero minorenne e i miei non hanno voluto. Magari non sarebbe successo niente, ma chissà...».

Come immagina un Gian Burrasca nel 2025?
«Era la storia di un piccolo eroe, un ragazzino con gli attributi. Oggi è difficile trovarne, anche nella musica. Il mondo è cambiato. I ragazzini dopo due dischi vengono buttati a San Siro. Ma un artista deve studiare, crescere, capire quello che gli sta succedendo. La musica di oggi non mi piace, abbiamo toccato il fondo, ma spero che toccando il fondo ci si rialzi. C’è qualcosa che gradisco, come Ultimo o Irama, ma il resto non mi interessa seguirlo».
 

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