Olbia, mitilicoltori sul piede di guerra: «Non siamo i nemici dello sviluppo del golfo»
Il consorzio delle coop risponde a Nizzi e Deiana: «Siamo favorevoli ai dragaggi. Contro di noi affermazioni gravi e infondate»
Olbia La risposta arriva da un piccolo molo con le boe azzurre sullo sfondo. I mitilicoltori non ci stanno a passare per i grandi nemici del futuro del golfo olbiese. «Non abbiamo mai ostacolato l’attività portuale. E nemmeno i lavori necessari al suo sviluppo» chiarisce subito Raffaele Bigi, il presidente del Consorzio dei molluschicoltori che raggruppa le diciotto cooperative del mare. Puntualizzazioni che arrivano, insieme a sussulti di orgoglio e precise idee di futuro, dopo le ultime affermazioni del presidente dell’Autorità di sistema portuale, Massimo Deiana, e del sindaco di Olbia, Settimo Nizzi. Tutto ruota attorno alla questione dragaggi. Deiana, infatti, si è detto pronto a chiedere i danni allo Stato se non dovesse subito arrivare la lettera di Via per gli urgenti lavori di escavo lungo la canaletta. Nizzi, invece, ha direttamente puntato il dito contro i mitilicoltori, accusandoli, in sostanza, di voler limitare lo sviluppo del golfo. Tutto questo perché il procedimento di Via relativo ai dragaggi potrebbe prevedere una sorta di assicurazione agli stessi mitilicoltori in caso di danni agli allevamenti. Una assicurazione che rischierebbe di rendere l’iter burocratico ancor più lungo. «Si addebitano a noi fantomatiche responsabilità – sottolinea Bigi –. L’iter, invece, è integralmente a capo di diversi enti, come si può ben vedere sul sito del ministero dell’Ambiente. Il nostro consorzio è totalmente estraneo al procedimento».
Caso dragaggi. Le coop del golfo, insomma, si difendono e rispondono a muso duro sia a Nizzi che a Deiana. «Quelle che sono state fatte sono affermazioni gravi e infondate – prosegue Bigi –. Abbiamo sempre favorito le attività di sviluppo nel golfo di Olbia. E ribadisco: golfo di Olbia e non porto di Olbia, perché all’interno del golfo, un ambiente sensibile di 660 ettari, c’è sì un porto ma anche una peschiera, isolotti, flora e fauna importanti e, da 105 anni, i nostri allevamenti, che ora occupano 156 ettari. Non siamo contrari ai dragaggi. L’entrata e l’uscita delle navi non ci creano alcun problema, se non in caso di manovre sbagliate». Detto questo, Raffaele Bigi si concentra poi sul futuro del golfo e risponde così a Massimo Deiana, che aveva parlato di un porto a rischio in caso di mancata opera di dragaggio. A dimostrarlo, secondo Deiana, è stato il mancato attracco all’Isola Bianca, lo scorso anno, di 24 navi da crociera. «Se l’idea è quella di trasformare il golfo in una piscina piastrellata, noi non siamo d’accordo – continua il presidente del consorzio –. Se anche i traghetti hanno un pescaggio sempre maggiore, va bene il dragaggio. Ma non dimentichiamo che questo è un golfo. E sono quindi la natura e la sua conformazione a decidere. Le grandi navi hanno difficoltà? Non possiamo certo stravolgere il golfo di Olbia. Non è una difesa dei nostri allevamenti, ma dell’ambiente. Siamo favorevoli allo sviluppo, ma dobbiamo anche capire quale».
Identità olbiese. Parlare di cozze significa parlare anche di Olbia. E i molluschicoltori, questo, lo sanno molto bene. «Il nostro è un prodotto di eccellenza che rappresenta la città. Olbia è riconosciuta per i frutti di mare, non per le navi da crociera – dice Bigi –. Negli ingressi di Olbia ci sono i cartelli su cui si legge “Città del vino”. Con tutto il rispetto per i nostri amici viticoltori, dobbiamo però ricordare che da oltre un secolo Olbia è la “Città dei frutti di mare”. E nell’ordine storico di ostriche, arselle e cozze, più tartufi, cannolicchi e bocconi». Un fattore storico e identitario di cui il Comune non terrebbe conto. «Purtroppo dobbiamo constatare che l’amministrazione comunale, da quindici anni a questa parte, non è al nostro fianco – prosegue Bigi –. Anche per mettere uno spillo riceviamo un parere negativo da parte dell’amministrazione. Eppure noi non abbiamo mai ostacolato nulla. Anzi, ci siamo sempre fatti da parte. Negli ultimi 30-40 anni abbiamo rinunciato a decine di ettari per lasciare il posto ad altri tipi di attività, dai cantieri nautici ai nuovi moli. Come il Bonaria: lì lavoravano 60 arsellatori, ma l’area è stata prosciugata per realizzare un molo inutilizzato per via dei bassi fondali e che è stato quindi trasformato in un parcheggio per camion. Oppure la Marina di Olbia: un porticciolo molto bello, ma anche lì abbiamo rinunciato a dodici ettari». Massimo Degortes, decano dei mitilicoltori, è un po’ la memoria storica del lavoro in mare. «Il golfo è come un condominio e noi siamo gli inquilini più poveri – dice –. Ricordo il primo sfratto per lasciare il posto alla Palmera. Poi ne sono arrivati tanti altri. Per questo dico che le considerazioni del sindaco, che è un mio amico, sono fuori luogo». Sulla stessa linea il vicepresidente del consorzio Salvatore Spano: «Anche per noi ogni iter può diventare lunghissimo. Lo stesso discorso, quindi, vale per il dragaggio. Se le regole sono queste, la responsabilità non può certo essere data a noi». A dare manforte ai mitilicoltori, nel corso della conferenza stampa, è stato infine il consigliere comunale del M5s Alfideo Farina.