La Nuova Sardegna

Il processo

Non era un rapinatore: dopo la condanna in primo grado, arriva l’assoluzione in appello

di Enrico Carta
Non era un rapinatore: dopo la condanna in primo grado, arriva l’assoluzione in appello

L’imputato era accusato di aver aggredito un’anziana in casa

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Terralba Tre anni e sei mesi in primo grado, assolto in appello. Per la giustizia il 32enne Nicola Poddighe non è più un rapinatore. I giudici della corte d’appello di Cagliari hanno ribaltato la sentenza del giudice per le udienze preliminari del tribunale di Oristano che l’aveva ritenuto responsabile, in concorso con un minorenne, dell’aggressione commessa l’11 luglio 2019 ai danni di un’anziana in una casa di via Iglesias a Terralba. Quel giorno due persone fecero irruzione all’interno di una casa, immobilizzarono la proprietaria e le strapparono una catenina d’oro. Mentre la signora veniva trattenuta con la forza tramite una presa al collo da uno dei due, il complice aveva rovistato la casa prendendo anche una borsetta dove c’erano poche decine di euro, un telefonino, una serie di documenti, un libretto postale, un telefono cellulare e altri oggetti di scarso valore.

A metterlo nei guai era stata una serie di indizi che, messi tutti insieme, avevano convinto il giudice della sua colpevolezza. Per prima cosa ci fu un riconoscimento fotografico di uno dei due presunti aggressori. Una volta in caserma, la signora rapinata, di fronte a nove immagini di presunti indiziati, indicò la foto di Nicola Poddighe affermando che il volto era quello del rapinatore. Poi ci fu la testimonianza di una vicina di casa che aveva fornito alcuni elementi che facevano pensare che una delle persone viste durante la fuga dalla casa di via Iglesias fosse sempre l’imputato. Infine, c’era stata un’intercettazione ambientale in un’altra inchiesta in cui una persona affermava di aver compiuto, qualche giorno prima proprio a Terralba, una rapina che sembrava in tutto e per tutto simile a quella di via Iglesias. Visti gli stretti rapporti tra l’intercettato e Nicola Poddighe, gli inquirenti collegarono la descrizione e pensarono che uno dei due fosse proprio quest’ultimo.

Per il giudice di primo grado tutte queste erano tessere che componevano uno stesso mosaico e si era quindi arrivati ad accogliere le tesi del pubblico ministero e da queste alla condanna a tre anni e sei mesi di Nicola Poddighe. Nel processo di appello, il procuratore generale, oltre ad avere chiesto la conferma della sentenza di primo grado, aveva anche sollecitato l’annullamento di tutte le sospensioni condizionali di cui l’imputato aveva usufruito per altri processi che l’avevano visto coinvolto, dal momento che la pena avrebbe superato il limite consentito per non entrare in carcere. Rischiava quindi di dover passare dietro le sbarre diversi anni, ma, a differenza di quanto avvenuto a Oristano, hanno prevalso le tesi difensive portate avanti dall’avvocato Fabio Costa. La corte d’appello ha assolto Nicola Poddighe per non aver commesso il fatto. Non era una delle due persone che entrò nella casa di via Iglesias l’11 luglio 2019.