Guerra aperta sui dehors, esercenti al Tar contro il Comune di Oristano
L’accusa «Norme irragionevoli che vanificano migliaia di euro di investimenti»
Oristano La notizia che era nell’aria da mesi, tra veleni in aula e minacce di crisi, è arrivata: cinque attività storiche del centro impugnano il regolamento comunale sui dehors. Un atto depositato dall’avvocato Giovanni Cau che non è solo una battaglia legale, ma la possibile miccia per una nuova crisi politica in municipio. L’accusa è pesantissima: norme «irragionevoli» che costringono alla chiusura e vanificano «decine di migliaia di euro» di investimenti.
Il fronte dei commercianti di Oristano ha risposto al fuoco, trasformando la “guerra dei tavolini” da scontro politico in un duello legale che promette scintille. Dopo l’approvazione del discusso regolamento sui dehors, un atto che aveva spinto la maggioranza sull’orlo del baratro, l’annunciato ricorso al Tar è diventato realtà. Non è più solo una minaccia: è la battaglia finale. A impugnare la delibera del consiglio comunale, approvata a settembre, sono cinque attività storiche che operano nel cuore della città, rappresentate e difese dall’avvocato Giovanni Cau. Le aziende ricorrenti sono: La Piazza Società Cooperativa, con a capo Luca Pala, Spicchio Pizza di Camedda Andrea, Ittica Aeden di Antonio Casula e C, il cui volto è Antonio Casula, Aemme srl guidata da Paolo Peddis; Kalispera di Cinà Salvatore & c. snc.
Il cuore del ricorso è un attacco diretto alle norme che vietano in modo assoluto l’installazione dei dehors strutturati (il cosiddetto “Tipo 2”, quelli con pedane e delimitazioni fisse) nell’intero centro storico e la regola transitoria che impone a chi li possiede già di smantellarli o adeguarli entro soli due anni. Per le attività ricorrenti, l’effetto di queste disposizioni è devastante. Il legale dei commercianti sottolinea nel ricorso che le imprese hanno sostenuto ingenti investimenti per realizzare strutture che oggi costituiscono parte fondamentale della loro attività. Annullare le strutture, insomma, equivale a vanificare questi sacrifici economici. Ma il danno sarebbe anche sociale: si parla apertamente di un «rischio di chiusura» per alcune attività che non dispongono di posti a sedere all’interno.
Ad esempio, per Ittica Aeden, ristorante che si affaccia sulla piazza Roma, la rimozione della struttura esterna equivarrebbe alla «inevitabile cessazione coatta dell’attività stessa». Per gli altri, la conseguenza diretta sarebbe una drastica riduzione del fatturato e il conseguente «licenziamento di buona parte del personale dipendente». I ricorrenti denunciano «un atto manifestamente illegittimo e immotivato». Stando al ricorso, infatti, l’amministrazione comunale «avrebbe violato il principio del legittimo affidamento, tradendo la fiducia dei commercianti che avevano investito sulla base di titoli abilitativi rilasciati, in alcuni casi, sin dal 2015, e sempre con parere favorevole della Soprintendenza».
L’accusa più forte è quella di aver adottato una misura sproporzionata e irragionevole. Il divieto totale in tutto l’ambito storico, sostengono i ricorrenti, non è né necessario né giustificato, soprattutto perché il Comune avrebbe potuto optare per soluzioni meno invasive, come prescrizioni più stringenti su materiali e colori, per garantire il decoro urbano. Inoltre, il ricorso solleva un potenziale vizio di procedura: la delibera sarebbe stata adottata senza la preventiva consultazione del Soprintendente, un passaggio che la legge prevede come necessario per la tutela delle aree di valore storico.
L’atto del Comune, in sostanza, si porrebbe in netto contrasto con i principi di semplificazione e per dare slancio alle attività di impresa voluti dalla recente legislazione nazionale. La battaglia si sposta dunque dal palazzo comunale ai corridoi della giustizia amministrativa. E mentre la richiesta di sospensiva è già sul tavolo, la sensazione è che il ricorso dei commercianti sia destinato a far ripiombare la giunta guidata da Massimiliano Sanna in quella crisi politica che, sulla questione dehors, era stata solo provvisoriamente sedata. La palla è ora ai giudici, ma è chiaro che per il centrodestra oristanese la tregua armata è finita e l’inverno politico sarà più gelido che mai.
