L’assessore Cuccureddu: «Chiudere nei festivi sarebbe un pericoloso salto all’indietro»
L’esponente della Giunta Todde: «Sarebbe un assist all’online. Vogliamo la qualità della vita? Puntiamo sulle turnazioni dei dipendenti»
Sassari Sei giorni l’anno senza shopping. Natale, Pasqua, Ferragosto, Primo Maggio, Capodanno e Santo Stefano: la proposta di Fratelli d’Italia solleva un polverone nel mondo del commercio già scosso dalla crisi e dalla sfida dell’e-commerce. La legge consentirebbe eccezioni per alcune attività, come bar, ristoranti, gelaterie e negozi in stazioni, aeroporti, porti, aree di servizio autostradali e sale cinematografiche, che resterebbero aperti. Tutti gli altri esercizi commerciali, invece, dovrebbero chiudere nei giorni festivi stabiliti dalla legge. Le sanzioni per chi non rispetta l’obbligo di chiusura arriverebbero fino a 12mila euro.
L’assessore regionale al Commercio Franco Cuccureddu prova a fare un po’ di chiarezza sulle prospettive del comparto in Sardegna: «L’elevato livello di liberalizzazione introdotto con il governo Monti ha creato abitudini tra i cittadini difficili da disciplinare - spiega – Una norma che imponga la chiusura dei negozi nei giorni festivi potrebbe trasformarsi in un assist al commercio online, senza risolvere i problemi di fondo del settore. Insomma, dopo tanti anni di liberalizzazioni , fare un balzo all’indietro di oltre dieci anni diventa davvero complicato».
Per l’assessore tuttavia la dignità del lavoratore è centrale, ma non può essere preservata con una semplice chiusura delle serrande: «È impensabile che una persona debba lavorare quattro domeniche su quattro. Serve un sistema di turnazioni che garantisca almeno un festivo libero al mese. Credo che più che un problema di imporre chiusure, bisogna porre le condizioni perché si concretizzi una maggiore dignità del lavoro».
L’assessore poi posa lo sguardo sulla realtà dell’isola: «Le normative regionali, come la legge sarda del 2006, sono ormai superate. La nostra è la quinta più vecchia fra le 21 approvate in Italia, tra regioni e province. È così datata da non considerare l’avvento del commercio online, e nemmeno affronta la necessità di rigenerazione urbana. Il comparto era ancora suddiviso in questi segmenti: negozi di vicinato, media struttura e grande struttura di vendita. Uno scenario che da tempo appartiene al passato». L’esempio che Cuccureddu tira in ballo è Cagliari: «Nel quartiere della Marina, i negozi di vicinato nel frattempo sono spariti, e sopravvivono solo bar e ristoranti. Gli anziani che ci vivono devono affidarsi a qualcuno per il pane o l’acqua, o percorrere chilometri per le necessità quotidiane”. L’assessore guarda al futuro con un obiettivo chiaro: un nuova disegno di legge regionale da portare in giunta e in consiglio entro il primo semestre del 2025, capace di rispondere alle sfide del presente. «Dobbiamo valorizzare i negozi di vicinato, trasformandoli in luoghi dove non solo si acquistano beni, ma si ottengono servizi. Prenotare una visita medica, ottenere una certificazione anagrafica. Questo vale per le città, ma ancor di più per i piccoli centri che spopolandosi progressivamente vanno incontro a una inesorabile desertificazione dei servizi».
E prosegue: «La nuova legge sarà concertata con le associazioni di categoria, con Confcommercio e Confesercenti. Si baserà sull’analisi dei grandi dati, e sulle abitudini dei consumatori. Bisognerà lavorare per incentivare un corretto rapporto tra dipendenti e datori di lavoro, specialmente con le grandi catene. Il commercio per molti aspetti è speculare al turismo: chi fa la stagione è sempre più precario, vive in tuguri, scappa e cerca altro. Quindi ridare dignità al lavoro nell’artigianato, nel commercio e nel turismo, che sono le tre competenze del mio assessorato, sarà un preciso obiettivo». Perché il futuro non si costruisce imponendo crocette rosse sopra il calendario, ma ridisegnando un sistema che funzioni per tutti.
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