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Lavoro

No al lavoro sotto il sole, i sindacati: «L’ordinanza andrebbe estesa a tutti»

di Luigi Soriga
No al lavoro sotto il sole, i sindacati: «L’ordinanza andrebbe estesa a tutti»

Tutele solo per edili e agricoltori: «E rider e operatori ecologici? La misura esclude tutti gli altri che operano all’aria aperta»

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Sassari C’è chi zappa a schiena piegata sotto il sole, chi stende cemento che bolle come lava, o chi sta nelle cave con il caldo che stringe la testa come un casco bollente. Dall’altra parte c’è anche chi sistema un contatore Enel appeso a un palo incandescente. E poi ci sono i ragazzi in bici che consegnano pasti alle 13. Per i primi tre lavoratori la recente ordinanza regionale è una tettoia che mette al riparo dal caldo rovente, gli altri invece restano fuori dal cono d’ombra normativo, condannati al microonde estivo. Purtroppo il colpo di calore, quando viene, non sta a guardare il contratto.

Il provvedimento della Regione Sardegna, firmato da Alessandra Todde, prova a mettere un argine all’emergenza. È arrivata dopo un giugno di fuoco e dice: stop alle attività agricole ed edili dalle 12,30 alle 16 nei giorni di allerta caldo, fino al 31 agosto. Ma chi lavora all’aperto senza queste etichette? Chi porta pacchi, sistema contatori, svuota cassonetti? Il caldo li cuoce lo stesso.

L’ordinanza non poteva non essere accolta positivamente dai sindacati, dal momento che sono stati loro stessi a sollecitarla. Però ne riconoscono allo stesso tempo la parzialità. Occorrerebbe un passo avanti.

«È un provvedimento che come sigle sindacali avevamo chiesto già lo scorso anno – spiega Massimiliano Muretti, segretario generale della Cgil a Sassari –. Tuttavia, se da un lato riconosciamo il valore dell’ordinanza, dall’altro ne sottolineiamo il limite. La tutela andrebbe estesa a tutti coloro che lavorano all’aperto e sotto il sole, indipendentemente dal contratto applicato».

Sulla stessa linea Marco Foddai, della Uil Sassari: «Penso ai tecnici dell’Enel, agli operai di Abbanoa, ai rider che consegnano cibo sotto il sole a 40 gradi. Non solo edili e agricoli, ma anche operai forestali, manutentori, addetti alla raccolta rifiuti, giardinieri e altri».

Anche queste categorie sono esposte allo stress termico. Se davvero vogliamo prevenire malori e infortuni, serve una tutela formale per tutti i lavoratori outdoor, non solo per due comparti. In molte regioni si è fatto lo stesso errore: limitare l’intervento a edili e agricoli. Sarebbe utile correggere il tiro».

Coldiretti Sardegna, invece, ha una valutazione molto più pragmatica. Apprezza sicuramente il principio dell’ordinanza ma sottolinea un approccio più pratico.

«Normare una tutela è sempre positivo – commenta il direttore regionale Luca Saba – ma credo che in agricoltura il buon senso abbia già da tempo la funzione di protezione. Nessun datore costringerebbe i lavoratori a raccogliere angurie all’ora di pranzo, con 40 gradi. Per fortuna i nostri imprenditori non sono negrieri, e non si sognano di costringere qualcuno a raccogliere le angurie alle 12.30. Semplicemente perché sarebbe pericoloso e controproducente. Il rischio di malori è troppo alto. È fisicamente impossibile reggere il lavoro nei campi col sole a picco sulla testa. Nessuno vuole un dipendente che si sente male».

Intanto Inail e sindacati hanno proposto alla Regione l’apertura di un tavolo interistituzionale per rendere strutturale la strategia di prevenzione. L’obiettivo: trasformare l’ordinanza estiva in un sistema permanente di protezione per tutti i lavoratori esposti al rischio da caldo.

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