Dopo le molestie, l’aggressore patteggia. Minerva Uzzau: «Io soffro ancora, lui se l’è cavata con poco»
Lo sfogo dopo la sentenza: «Il mio caso evidenzia un sistema che vuole solo mettere una toppa frettolosa. Però dico alle donne: denunciate sempre»
Sassari «È questo il messaggio che vogliamo mandare come società? Che ogni uomo che molesta una donna ha diritto al cartellino giallo finché non viene denunciato di nuovo?»: lo chiede Minerva Uzzau, 25 anni, ragazza transgender e attivista per i diritti di genere. Lo sfogo nasce da un’esperienza personale: più di un anno fa raccontava pubblicamente un episodio di molestie e insulti subiti a Porto Torres. Oggi racconta un epilogo che non avrebbe voluto: «Il mio aggressore se l’è cavata con un patteggiamento». Il ragazzo ha salutato il giudice dell’udienza preliminare patteggiando poco più di un anno di reclusione con pena sospesa e convertita in un percorso di recupero al Cam, il centro di ascolto maltrattanti. Un nulla di fatto, secondo Uzzau: «Caso figlio di un sistema che vuole mettere la toppa nella maniera più frettolosa possibile».
Una notte estiva
I fatti si riferiscono ad agosto 2024, dopo la festa del carnevale estivo, poco prima delle 4 del mattino, Minerva è seduta al tavolino esterno di un kebab col fratello e due amici. Da un’auto scendono quattro ragazzi e due si avvicinano a lei. Uno di questi gioca con i suoi capelli, poi la prendono tutti in giro, le vomitano addosso insulti transfobici: «Sei un maschio, sei un maschio».
Lei risponde a tono, allora uno torna indietro e le mette le mani addosso, le palpa il seno: «Le tette sono vere», urla agli amici. Lei reagisce e lo colpisce, i presenti evitano che la situazione degeneri. Ma uno dei ragazzi inizia a filmare Minerva con il cellulare mentre l’altro le si para di nuovo davanti e la prende in giro. In poco tempo finisce tutto. Alla lunga rimane la paura e la rabbia per una violenza di quel tipo. Minerva Uzzau, che proprio per le sue lotte da attivista e attraverso il racconto social della sua transizione è diventata una figura molto seguita nell’isola, sfrutta la cassa di risonanza di Instagram e denuncia l’accaduto.
«Mesi di sofferenza»
Dalla bolla del web si finisce in aula di tribunale. Ma la risposta della giustizia, ammette, lascia l’amaro in bocca. «Il mio corpo è stato violato, violenza che ho denunciato alle autorità – racconta oggi in un altro post su Instagram –. L’udienza preliminare ha concluso il procedimento penale con il patteggiamento del mio aggressore. Un patteggiamento, in cui io come persona offesa non ho diritto di parola».
E poco dopo riflette: «Dov’è la voce delle nostre martiri? Di ogni donna che viene sistematicamente silenziata da accordi fra terze parti che non le coinvolgono minimamente?». Infine: «La sentenza di oggi non mi restituirà quella serata di agosto. Non mi restituirà i mesi di sofferenza e di insicurezza che questa vicenda mi ha causato. Non pulirà il mio corpo dalle macchie che le sue mani mi hanno lasciato». L’ultima parte del suo messaggio social è di reazione: «Non sarà questa sentenza a fermarmi».
«Chiedete aiuto»
A margine dei riflettori web, Minerva Uzzau a margine non nasconde il tono deluso da una sentenza che sembra appiattire le conseguenze di quanto accaduto. Però non arretra e ne approfitta per incoraggiare le donne «a continuare a denunciare» a prescindere da com’è andata nel suo caso. Assistita dall’avvocato Daniele Solinas, promette che agirà in sede civile per ottenere «almeno delle scuse formali». E «ci tengo che molte donne sappiano che le vittime di violenze in sede legale possono richiedere il patrocinio a spese dello Stato. Spesso la paura di affrontare delle spese spinge a rimanere zitte».
