La Nuova Sardegna

Il reportage

Viaggio nel profondo Sulcis, Domusnovas difende la Rwm: «O le bombe o la fame»

di Ilenia Mura
Viaggio nel profondo Sulcis, Domusnovas difende la Rwm: «O le bombe o la fame»

La sindaca Mascia: «Chiudere la fabbrica non porta la pace, solo disoccupati»

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Inviata a Domusnovas Nel Sulcis Iglesiente dilaniato dalla crisi economica, l’unica fabbrica che resiste, dà lavoro e chiede anche di ampliarsi, sta a pochi chilometri da Domusnovas, nel sud Sardegna, circa 6mila anime che vivono in un territorio già bollato come provincia più povera d’Italia. «Producono bombe, già, ma i nostri figli qui non hanno alternative», sbottano gli abitanti. Vietato contestare la Rwm Italia, filiale del gruppo Rheinmetall, la maggiore industria tedesca nel campo degli armamenti, che in questi anni - dove un tempo c’era la sarda “Esplosivi industriali” - ha sfornato buste paga dando lavoro a centinaia di persone. Dal 2010, con la conversione in produzione orientata all’esportazione di armi, fino al 2025. In queste ore si consuma un match ad alta tensione fra Regione ed Rwm finito in tribunale. Da una parte la questione etica e politica posta dalla governatrice Alessandra Todde (“no al lavoro in cambio di bombe”), con lo stop alla richiesta di ampliamento della fabbrica da parte della società.

Dall’altra il governo nazionale, con il ministro Urso che chiede il semaforo verde per esigenze legate alla difesa nazionale: «Alle aziende che investono – dice – si fanno ponti d’oro». Quei ponti che piacciono tanto agli abitanti del paese, a cominciare dalla sindaca Isangela Mascia, convinta che «chiudere la fabbrica non porta la pace nel mondo, crea solo altri disoccupati qui». Ore 10 del mattino, per le vie del centro. Mentre i figli smontavano dalla fabbrica protetta da un impeccabile servizio di sorveglianza – «Lei chi è, dove sta andando», chiedono a chiunque si avvicini all’ingresso della struttura in località Matt’è Conti, sulla provinciale 15, fra i monti di Domusnovas – i padri spiegano le ragioni del «sì alla Rwm» e del «no alle posizioni espresse dalla Regione».

«Io sono contrario alla chiusura, ci lavora mio figlio da circa 12 anni, diversamente non ci sono alternative», riflette Paolo Melis che come altri concittadini contesta chi chiede lo stop alla produzione della fabbrica delle bombe. «Se chiudono qui, sa quante persone mandano a casa? Fanno tre turni. Ci sono circa 300 persone». «Quali sarebbero poi le prospettive per la Regione? Siamo già in crisi così – replica Bruno Saba, anche lui padre di una dipendente della Rwm – diversamente facciamo la fame». «Anche io come cittadino sono favorevolissimo», gli fa eco Carlo Steri che precisa: «La fabbrica di esplosivi è sempre esistita, in alternativa vorrebbero produrre banane?».

Silvano Greco, era il 1974, ricorda il suo primo colloquio per entrare alla “Sarda esplosivi”: «Non mi assunsero, poi andai alla Carbosulcis». La questione etica non è in discussione: «Ma la guerra non si ferma chiudendo la fabbrica di Domusnovas» è la risposta corale. E se da una parte si chiede la salvaguardia dei posti di lavoro, dall’altra rimangono le proteste di chi, davanti alla Rwm, alza le bandiere della pace. Ma «urlare “assassini” ai lavoratori che si recano a lavoro, mentre nel contempo si manifesta per la pace, suona alquanto strano», scrive sui social Maria Giovanna Dessì. Che aggiunge: «Produrre ciclamini regalerebbe al paese un bel profumo, ma non sembra che nel 2025 i conflitti possano essere risolti con lo scambio dei fiori».

Al 31 dicembre 2024 la forza lavoro della Rwm sarda è pari a «216 dipendenti, con contratto a tempo indeterminato». Gli impiegati sono 151 (139 nel 2023). Gli operai 58 (59 nel 2023). In ballo ci sarebbero altre 250 assunzioni. Si lavora con il «Contratto dell’Industria Chimica per coloro che operano nella sede produttiva di Domusnovas», specifica nella relazione di Bilancio 2024, l’amministratore delegato, Fabio Sgarzi. Luigi Piredda, 67 anni, è seduto sui gradini della piazza della parrocchia Vergine Assunta: «Sono in pensione, facevo lo spazzino e tanti altri lavori». Se chiudesse la Rwm? «No, ci sono i nostri operai. Se li licenziano, assumono altrove. E noi? Qui non c’è nulla». Intanto la Rwm sta alla finestra: «Visto il momento delicato che ci riguarda – spiegano – preferiamo non entrare nell’arena mediatica».

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