La Nuova Sardegna

L’intervista

Il procuratore generale: «La criminalità organizzata sarda è in ascesa, ma l’isola non è Gomorra»

di Francesco Zizi
Il procuratore generale: «La criminalità organizzata sarda è in ascesa, ma l’isola non è Gomorra»

Luigi Patronaggio: «La scelta di portare altri detenuti mafiosi a Sassari, Nuoro e Uta avrà ricadute sul territorio»

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Sassari Olbia come porta d’ingresso, la Sardegna come crocevia. L’operazione “Polo Ovest” dei Carabinieri ha scoperchiato molto più di un traffico di droga: ha sollevato il velo su una geografia criminale che da tempo si muove sotto traccia. Le rotte degli stupefacenti non si fermano davanti all’insularità e l’isola, ancora una volta, emerge come snodo strategico di interessi che arrivano da lontano e parlano più lingue. A fare da cornice a questa preoccupante realtà c’è l’imminente arrivo dei 92 capi mafia a Uta, e l’intenzione del governo di trasformare le carceri di Nuoro e Bancali in un penitenziario dedicato esclusivamente a detenuti al carcere duro. Dentro questo scenario si inserisce la riflessione del procuratore generale di Cagliari Luigi Patronaggio, che invita a guardare la criminalità sarda non come una copia delle mafie tradizionali, ma un sistema che ha imparato a crescere nell’ombra, e a compensare la carenza di grandi strutture con alleanze - spesso nelle carceri - e spregiudicatezza. Lo stesso procuratore, parlando della criminalità sarda aveva parlato di penitenziari come «palestre del crimine» dove avvengono i contatti tra criminalità comune e sodalizi mafiosi.

Procuratore, le carceri di Badu ’e Carros, Bancali e Uta saranno destinate esclusivamente a detenuti al 41bis, qual è la prospettiva per l’isola?

«Senza fare facili allarmismi si tratta di una scelta politica che non mi sento di commentare ma che avrà comunque delle ricadute sul territorio. Spero che la decisione sia stata presa con ponderazione, condivisa con le istituzioni locali e che si sia provveduto a potenziare gli organici della polizia penitenziaria e della sanità carceraria».

Passando alle recenti indagini...dalle ultime risultanze giudiziarie emerge una Sardegna sempre meno periferica nei traffici criminali nazionali e internazionali, cosa sta succedendo?

«La recente operazione denominata “Polo Ovest” ha confermato quanto in precedenza avevo pubblicamente esternato circa la pericolosità della criminalità organizzata sarda che è fortemente implicata nel narcotraffico con pericolosissimi rapporti con le mafie albanesi e con quelle tradizionali del continente».

Per anni però si è parlato di una criminalità sarda “autonoma”, poco incline a sottomissioni esterne. Oggi, invece, assistiamo a forme di cooperazione con soggetti campani, calabresi, albanesi e in alcuni casi pugliesi.

«Dobbiamo iniziare a riconsiderare da un punto di vista criminologico il ruolo e la rilevanza della criminalità sarda che, pur non avendo le risorse umane e materiali delle mafie tradizionali, gioca un ruolo sempre più rilevante nel mercato degli stupefacenti e nel settore delle rapine a mano armata. Senza dire che la pericolosità della criminalità sarda è attestata, da ultimo, dagli omicidi e dalle intimidazioni che si sono consumati e dal numero e dalla tipologia delle armi sequestrate».

E assistiamo a un ruolo sempre più crescente della criminalità albanese.

«La mafia albanese, ma sarebbe meglio dire le mafie albanesi, sono tra le più organizzate e pericolose di Europa, controllano le rotte degli stupefacenti e delle armi che dall’Est arrivano in Italia e il suo ruolo in Sardegna è ancora tutto da disvelare».

Se invece un tempo il mare sembrava un ostacolo, oggi sembra la cerniera ideale che unisce l’isola con il Continente.

«L’insularità della Sardegna vale solo per i trasporti civili, non certo per organizzazioni criminali che si muovono con grande astuzia, con l’ausilio di staffette, proteggendo le proprie comunicazioni con sofisticati mezzi informatici».

Oltre che nelle carceri i contatti avvengono anche in contesti criminosi non violenti, ci sono rilevanze investigative che ci parlano di una presenza nell’isola di massoneria deviata e zone grige?

«Ritengo che l’inchiesta “Monte Nuovo” sia ancora oggi un passaggio importante della lotta al crimine sardo ma non certo il suo epilogo. Quello del cosiddetto “mondo di mezzo” è un segmento emergente della criminalità italiana ma di difficile dimostrazione processuale e spesso resta solo una valida ipotesi investigativa che non sempre viene attestata in sentenze di condanna definitive».

Roberto Saviano afferma che la Sardegna gronda di criminalità, è davvero così?

«Saviano ha il pregio di dire le cose con franchezza e senza compiacere nessuno; tuttavia, ritengo che la Sardegna non sia “Gomorra” e non lo sarà mai perché gran parte del suo tessuto sociale è sano e le forze dell’ordine sono ben presenti ed attive sul territorio».

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