Influenza, l’infettivologo Bassetti: «Pranzi e cenoni, Natale potrebbe essere una bomba»
La diffusione della variante k è rapida: «Il virus dai bimbi passerà ai nonni. Il vaccino non sempre è risolutivo»
Sassari La variante K sta mostrando una capacità di diffusione senza precedenti: in pochi giorni ha già contagiato circa 800 mila italiani. Rischiamo di arrivare a 20 milioni di casi. Numeri che significano un italiano su tre potenzialmente coinvolto, in quella che si sta configurando come una delle influenze più aggressive degli ultimi anni. E con l’arrivo delle festività, tra pranzi e cene in famiglia, il pericolo è concreto: «A Natale rischiamo di innescare una vera e propria bomba nelle case». Avverte l’infettivologo Matteo Bassetti.
Nei prossimi giorni dobbiamo aspettarci un aumento dei casi?
«Sì, è molto probabile. Le festività comportano pranzi, cene, colazioni, quindi un aumento dei contatti tra persone. La commistione tra bambini, adulti, nonni e zii porta inevitabilmente a una moltiplicazione dei contagi». Su questo fronte si può fare ancora prevenzione?
«Il problema è che ogni anno arriviamo al 20 dicembre a chiederci come “salvare il Natale”. Ma da agosto avevamo detto che sarebbe stata una stagione influenzale impegnativa. Ora l’hanno chiamata Flunami, da flu (influenza) e tzunami. Eppure molti non hanno seguito le indicazioni: si è vaccinato 1 italiano su 5. Ecco: 4 su 5 non lo sono. Vien da dire: che si arrangino».
Nonostante l’offerta dei vaccini gratuiti, l’adesione resta bassa. «Abbiamo fatto di tutto: vaccini gratuiti, in farmacia, dal medico, perfino a domicilio. Eppure la gente non si vaccina. È peggio per loro: si rovineranno il Natale. Forse dopo sei Natali rovinati, alla settima volta qualcuno imparerà».
Molti però dicono: “Mi sono vaccinato e mi sono ammalato lo stesso”. «Può succedere. Ma l’esperienza è chiara: se ti ammali da vaccinato, lo fai in forma molto meno grave rispetto a chi non lo è. I ricoveri, le polmoniti, le forme severe riguardano quasi sempre persone non vaccinate o immunodepresse, in cui il vaccino funziona meno. Non usare l’unica difesa che abbiamo, il vaccino, è semplicemente da stupidi».
Quest’anno si parla di un virus particolarmente “aggressivo”.
«Non è tanto una questione di aggressività. Il virus circola molto perché questa variante, la cosiddetta variante K, elude l’immunità naturale. Chi ha già avuto un’infezione da H3N2 non è protetto: le cellule della memoria immunitaria non riconoscono il virus. È vero, anche il vaccino può essere un po’ penalizzato, ma alternative non ne abbiamo».
Il pronto soccorso di Sassari ha invitato gli anziani a non recarsi in ospedale se non in casi gravi. È un messaggio corretto? «Assolutamente sì. L’influenza si cura a casa da sempre. In ospedale si va solo se si sta davvero male: difficoltà respiratoria, febbre molto alta che persiste dopo quattro o cinque giorni. Non si va in pronto soccorso per stanchezza, mal di testa o due colpi di tosse».
Come evolve l’influenza quest’anno rispetto al passato?
«I sintomi durano un po’ di più: anche 7-8 giorni. Spesso l’andamento è bifasico: prima la febbre, poi un miglioramento, poi di nuovo la febbre dopo due o tre giorni. È importante non fare gli eroi: la febbre si cura stando a casa, non uscendo a tutti i costi».
Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare, soprattutto per i fragili?
«La difficoltà a respirare, la dispnea. Dolori alla schiena associati a fatica nel fare le scale. Questi sono segnali che devono portare in ospedale. Oggi quasi tutti hanno un saturimetro: se la saturazione scende, bisogna farsi valutare».
