La Nuova Sardegna

Il caso

Silius scommette sulle terre rare: dopo trent’anni riapre la miniera

di Andrea Massidda
Silius scommette sulle terre rare: dopo trent’anni riapre la miniera

Si estrarrà fluorite per le batterie

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Cagliari Dopo trent’anni di silenzio, il rumore delle macchine perforatrici e dei vagoncini carichi di minerale tornerà a riecheggiare nel sottosuolo della Sardegna. A Silius – nel cuore del Gerrei e a meno di un’ora da Cagliari – una miniera chiusa dall’ultima decade del secolo scorso è pronta a diventare uno dei simboli italiani della nuova corsa alle materie prime critiche, meglio note come terre rare. L’obiettivo è chiaro: riavviare l’attività estrattiva entro la fine del 2026 e rimettere a frutto un giacimento che custodisce milioni di tonnellate di fluorite, oggi sempre più strategica per batterie e accumulo di energia.

La scommessa Ma la ripartenza del sito minerario non è solo una notizia industriale, bensì un segnale politico ed economico ben preciso. L’Unione europea ha infatti fissato l’asticella: il 10 per cento delle materie prime considerate essenziali dovrà arrivare da estrazioni interne, per ridurre la dipendenza da Cina, Africa e Sud America. L’Italia, che per decenni ha praticamente smesso di scavare, prova adesso a rientrare in partita. A guidare il rilancio è la Mineraria Gerrei, società che ha ottenuto la concessione dopo un lungo e tortuoso percorso autorizzativo. Dietro l’operazione ci sono imprese del Nord Italia e un investimento complessivo vicino ai 50 milioni di euro, con la prospettiva di impiegare circa cento addetti, parte dei quali sono già stati contrattualizzati. Il piano prevede di estrarre ogni anno decine di migliaia di tonnellate di fluorite – utilizzata come componente chiave nelle batterie agli ioni di litio – affiancate da una produzione più contenuta di galena.

Il revamping Un tassello decisivo per la riapertura arriva anche dalla tecnologia. A supportare il revamping della miniera sarà la società per azioni Valente, azienda storica della meccanica ferroviaria e dei lavori in sotterraneo. Locomotori elettrici, mezzi per il trasporto degli operai e vagoni su rotaia per lo smarino torneranno in azione nelle gallerie: una logistica invisibile ma essenziale, senza la quale l’estrazione moderna semplicemente non potrebbe ripartire. «Il recupero delle miniere è tornato al centro del dibattito industriale», sottolinea Alberto Menoncello, amministratore delegato dell’azienda, rivendicando il ruolo delle competenze di nicchia nella rinascita del settore.

La strategia Il caso di Silius si inserisce in una strategia più ampia. Secondo la mappatura dell’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in Italia esistono 76 miniere dismesse tra gli anni Ottanta e Novanta; in almeno 22 di queste sono presenti materiali considerati strategici. Oggi, però, il Paese estrae solo due materie prime – feldspato e fluorite – e importa quasi tutto il resto. Per colmare il divario, il governo ha approvato nel 2024 il decreto sulle Materie Prime Critiche, che riduce i tempi autorizzativi e punta a rendere più attrattivi gli investimenti.

La comunità Non manca il tema sociale e ambientale. La sfida, come riconoscono gli stessi promotori del progetto, era anche convincere i territori che le miniere del XXI secolo non hanno nulla a che vedere con l’immaginario cupo del passato o con le condizioni spesso denunciate in altri continenti. Sicurezza, controlli ambientali e trasparenza diventano condizioni indispensabili per evitare conflitti con le comunità locali e trasformare l’estrazione in un’opportunità condivisa. «La mia comunità – racconta il sindaco di Silius Antonio Forci – ha accolto la riapertura della miniera molto favorevolmente. Sin dall’inizio c’è molta aspettativa, anche per via delle assunzioni di personale specializzato».

Futuro industriale Se il cronoprogramma sarà rispettato, quella di Silius potrebbe diventare la prima miniera sotterranea italiana a riaprire dopo decenni di chiusure. Un ritorno al sottosuolo che parla di transizione ecologica, autonomia strategica e lavoro qualificato. E che, nel silenzio delle gallerie, racconta molto del futuro industriale del Paese. 

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