Variante K, la Sardegna tra le regioni più colpite dall’influenza: febbre alta e polmoniti in aumento
Quasi un milione di nuovi casi in una settimana e pressione crescente sugli ospedali
Roma L’influenza di questa stagione si presenta con un volto più aggressivo del solito e sta mettendo sotto pressione ospedali e pronto soccorso. Al centro della circolazione virale c’è la variante K, oggi nettamente prevalente tra i ceppi di influenza A H3N2 individuati in Italia. Una diffusione rapida che ha già portato a centinaia di migliaia di nuovi casi settimanali e a un aumento significativo delle ospedalizzazioni.
Secondo i dati più recenti del sistema di sorveglianza RespiVirNet dell’Istituto superiore di sanità, nella sola settimana dal 15 al 21 dicembre sono stati stimati circa 950 mila nuovi casi di infezioni respiratorie acute, con un totale che dall’inizio della stagione ha raggiunto circa 5,8 milioni di contagi. L’incidenza continua a crescere, passando da 14,7 a 17,1 casi ogni mille assistiti, con un impatto particolarmente elevato nella fascia di età 0-4 anni, dove si registrano circa 50 casi ogni mille.
I sintomi e l’evoluzione della malattia
A descrivere il quadro clinico è Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. L’influenza di quest’anno, spiega, può iniziare in modo classico, con febbre anche alta, stanchezza intensa e dolori muscolari, ma in una parte dei pazienti tende poi a complicarsi. Dopo alcuni giorni può comparire una tosse secca persistente, accompagnata da febbre che non si abbassa e da difficoltà respiratorie, fino allo sviluppo di polmoniti anche impegnative, osservate non solo negli anziani ma anche nei soggetti giovani.
I sintomi tipici restano quelli dell’influenza: esordio brusco, febbre che supera i 38 gradi, almeno un disturbo respiratorio (tosse, raffreddore o naso che cola) associato a un sintomo sistemico come dolori muscolari, articolari o un forte senso di spossatezza. In questa stagione, però, diversi medici segnalano anche un coinvolgimento più frequente dell’apparato gastrointestinale, con nausea, vomito e diarrea, un quadro osservato soprattutto nei bambini o in presenza di coinfezioni.
Il ritorno della febbre e i tempi di guarigione
Un elemento caratteristico segnalato dagli specialisti è il secondo picco febbrile: dopo una prima fase acuta, la temperatura può scendere per poi risalire dopo due o tre giorni. In genere la fase più intensa dell’infezione si risolve entro una settimana, ma tosse e stanchezza possono protrarsi più a lungo.
Gli esperti raccomandano attenzione all’evoluzione dei sintomi: una febbre che non cala dopo alcuni giorni, un peggioramento improvviso o la comparsa di dolore toracico e difficoltà respiratorie rendono necessario un consulto medico tempestivo.
Accessi in pronto soccorso e ricoveri in aumento
La crescita dei contagi si riflette anche sugli accessi ospedalieri. Il report dell’Iss segnala un aumento sia degli accessi al pronto soccorso sia delle ospedalizzazioni per sindromi respiratorie in diverse regioni, tra cui Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia, con numeri superiori rispetto alla stessa settimana della stagione precedente.
Secondo Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento di Malattie infettive dell’Iss, il sistema sanitario si sta avvicinando alla fase di massimo impatto: il picco dei casi è atteso nelle prossime settimane, con una circolazione sostenuta dei virus respiratori, come tipico di questo periodo.
Le regioni più colpite e il nodo vaccini
Bassetti sottolinea come le regioni che oggi registrano le maggiori difficoltà siano Sardegna, Campania e Sicilia, territori in cui la copertura vaccinale contro l’influenza è più bassa. Il vaccino, pur non essendo perfettamente aderente alla variante K, resta in grado di ridurre il rischio delle forme più gravi. «Chi non si immunizza corre più rischi», ribadisce l’infettivologo, richiamando la necessità di investire maggiormente in prevenzione.
Come distinguere un’infezione virale da una batterica
Non sempre è semplice capire se i sintomi siano di origine virale o batterica, ma alcuni segnali possono aiutare. Le infezioni virali tendono a presentarsi con febbre improvvisa ma limitata nel tempo, tosse secca e secrezioni nasali chiare. Le forme batteriche, invece, spesso provocano febbre più alta e persistente, tosse grassa con muco denso e colorato, peggioramento progressivo del quadro clinico e, nei casi più gravi, alterazioni dello stato di coscienza o problemi respiratori.
In caso di dubbi, spiega Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano, è il medico a valutare l’opportunità di esami specifici. «La vera influenza – chiarisce – si riconosce per l’inizio brusco della febbre oltre i 38 gradi, la presenza di almeno un sintomo respiratorio e di uno sistemico».
Cosa aspettarsi dopo le feste
Secondo Pregliasco, la fase attuale è ancora espansiva e i numeri sono destinati a crescere. Gli effetti delle festività, dei viaggi e dei contatti ravvicinati si manifesteranno con maggiore evidenza alla riapertura delle scuole. Il picco della curva epidemica, conclude, è atteso nel mese di gennaio.
