Sassari, bastona la compagna e le incrina le vertebre: 47enne condannato
L’uomo, che usava droga e alcol, picchiava selvaggiamente la donna di 56 anni
Sassari Fin dall’inizio della relazione sentimentale, e ancor più quando avevano deciso di convivere, «nel corso di frequenti litigi – scriveva il pubblico ministero Maria Paola Asara nella richiesta di rinvio a giudizio – abusando in via smodata di sostanze alcoliche e stupefacenti, picchiava selvaggiamente la persona offesa». Lui 47 anni, lei 56. Un rapporto fatto di continue violenze, umiliazioni, minacce che non sempre restavano confinate tra le mura domestiche, in alcune occasioni avvenivano anche per strada. Per quei maltrattamenti – che risalgono al 2017 – l’uomo, difeso dall’avvocato Paolo Spano, era finito a giudizio e ieri mattina è stato condannato dalla giudice Valentina Nuvoli a un anno e quattro mesi di reclusione. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi ma alcuni dei reati contestati si sono prescritti. Tra gli episodi più gravi contestati all’imputato ci sono sicuramente le aggressioni nei confronti della compagna con l’uso di un bastone.
Un giorno, in seguito all’ennesimo litigio in casa, il 47enne aveva prima schiaffeggiato la convivente e poi l’aveva colpita nella schiena con un bastone, così forte da causarle l’incrinazione delle vertebre. Oltre a tumefazione del volto, escoriazioni e ferite al labbro inferiore. In quella stessa occasione l’uomo l’aveva minacciata sbattendola contro il muro e stringendola con forza alla gola. Tanto che i vicini, sentendo le urla, avevano chiamato la polizia. Quando gli agenti delle volanti erano arrivati nell’abitazione, l’accoglienza dell’imputato non era stata delle migliori. Aveva rivolto loro frasi del tipo “Non mi rappresentate un caz.. poliziotti di mer.., fate così perché portate la divisa, vi ammazzo e adesso esco e vi spacco il c...”. Ma non si era limitato alle parole. Avrebbe anche spintonato gli agenti contro l’auto di servizio e lo avrebbe rifatto anche una volta invitato a salire a bordo della macchina per l’identificazione (anche questo reato si è prescritto). Durante il tragitto verso la questura – “colpendo con forza e violenti pugni la paratia interna” – sarebbero proseguiti gli insulti e le minacce: «Adesso mi faccio male e poi lo dico al mio avvocato che mi avete picchiato, così vi rompo il c...».
Nel procedimento per maltrattamenti e lesioni che si è concluso ieri era però accaduto che la 53enne (assistita dall’avvocato Claudio Mastandrea) da vittima era diventata anche imputata. Sentita dal pm per fornire informazioni sui fatti, si era infatti tirata indietro. «Rendeva dichiarazioni false e taceva in tutto e in parte ciò che sapeva – scriveva il pm – in particolare riferendo di non ricordare niente dei fatti per i quali veniva sentita e, per quelli in relazione ai quali riferiva di ricordare, dichiarava contrariamente al vero che gli stessi non erano mai accaduti o che erano accaduti con differenti modalità».
Commettendo quindi un reato: “false informazioni al pubblico ministero”. Stessa cosa avrebbe fatto con i poliziotti delle volanti intervenuti in casa «riferendo genericamente di un litigio per futili motivi e di non aver subito alcuna violenza» e poi con il personale della squadra mobile al quale diceva «di non aver mai fatto ricorso a cure mediche a seguito delle liti con il compagno». Da qui la contestazione di favoreggiamento. Entrambi i reati sono stati dichiarati prescritti.
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