La Nuova Sardegna

L’intervista

Dino Zoff ricorda Riva: «Io e Gigi così schivi, così in sintonia. Si sentiva sardo»

di Roberto Muretto

	Gigi Riva in campo e nel quadrato con l'amico Dino Zoff
Gigi Riva in campo e nel quadrato con l'amico Dino Zoff

L’ex portierone della Nazionale, ricorda il grande amico Rombodituono: il servizio militare insieme, la passione comune per le macchine, le vittorie

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Cagliari Erano amici per la pelle. Gigi Riva e Dino Zoff non avevano bisogno di parole per dirsi quanto si stimavano. Bastava uno sguardo, piccoli gesti. Due uomini schivi a stare sul palcoscenico, amanti del silenzio, custodi della loro privacy. L’ex portierone della Nazionale, 83 anni il 28 febbraio, ha ricordi lucidi. Ad un anno dalla scomparsa del super bomber esordisce così: «Come passa in fretta il tempo – dice subito –, quando penso che Gigi non c’è più mi intristisco. Persone come lui non sono comuni. Ha lasciato un grande vuoto nel mondo del calcio. Non è stato solo un grande giocatore e un dirigente coi fiocchi, ma una persona speciale, di quelle a modo».

Militari Zoff non è mai stato uno di tante parole ma questa volta fa un’eccezione. Parlare di Rombodituono gli fa piacere. La sua memoria lo porta indietro negli anni. «Abbiamo fatto il militare insieme a Roma, alla Cecchignola. Siamo stati compagni di squadra nella Nazionale militare e in caserma stavamo sempre insieme. Ricordo le libere uscite alle ore 17, io e lui eravamo quasi sempre i primi a varcare la sbarra, avevamo già qualche soldino in tasca e andavamo a mangiare al ristorante. Non siamo mai rientrati fuori orario. Lo dico perché per noi le regole erano sacre, da rispettare».

Passioni comuni Entrambi erano amanti delle belle macchine. «Per le Ferrari impazzivamo. Io lo invidiavo nel senso buono del termine, perché aveva una Giulia Quadrifoglio che mi piaceva tanto. Non me l’ha mai fatta provare. Le macchine per Gigi erano compagne speciali, solo lui poteva sedersi al volante. Quanti giri abbiamo fatto con quell’auto. Magari può non sembrare visti i nostri caratteri, ma insieme eravamo dei compagnoni che si divertivamo moltissimo».

Riva e la Sardegna Dino Zoff ha fatto tante volte le vacanze nell’isola. Mai con Riva. «Andavo a Baja Sardinia. Quel posto me lo aveva consigliato Gustavo Giagnoni, altro sardo di spessore, col quale abbiamo giocato insieme a Mantova».  Dino e Gigi sui vialoni di Coverciano che parlano di Sardegna. «Tante volte lo abbiamo fatto – racconta Zoff –. Lui era orgoglioso di essere sardo di adozione e di non aver mai ceduto alla tentazione di lasciare il Cagliari. Ho imparato tramite lui e dopo aver conosciuto tanti isolani ad apprezzare la sincerità e l’ospitalità dei sardi. Quando parlavi con Gigi sapevi chi avevi di fronte: un uomo leale, schietto, sempre pronto a difendere le sue idee e anche ad aiutare gli altri. E lo faceva in silenzio, senza parlarne con nessuno».

Amicizia «La nostra era vera, sincera. Per me e per lui le regole di comportamento erano ferree, nel calcio e nella vita di tutti i giorni. Credo che la nostra sintonia derivasse anche da questo». Dino fa una pausa mentre parla e ammette di provare un po’ di commozione. «Normale, perché quando mi è stata data la notizia che Riva era morto, non nascondo che qualche lacrima l’ho versata. Lui è stato un esempio in tutti i sensi, con Gigi era sempre tutto chiaro, solo franchezza e confronto senza mai mettersi sul piedistallo».

Tiro Mancino Riva era un atleta esplosivo. Zoff racconta alcuni episodi. «In allenamento quando calciava ti massacrava, nel senso che le mani te le scaldava davvero e e spesso te le piegava. Il suo sinistro era potentissimo. Quanti gol mi ha fatto e quante prese in giro tra noi. Quando riuscivo a neutralizzare i suoi tiri da fuori area gli dicevo: “Oggi non mi hai fregato” e scoppiavamo a ridere. Lo voglio dire perché può sembrare strano tra due persone col nostro carattere, ma insieme sapevamo divertirci. Ma tutto veniva fatto con rispetto reciproco. Lealtà era la nostra parola d’ordine. Ogni volta che giocavo contro di lui, la notte prima non dormivo ».

Le vittorie Intanto l’Europeo del 1968. Un trionfo che l’Italia festeggiò per giorni. «Ricordo – racconta Zoff – che io e Gigi avevamo scelto un albergo a Roma per riposarci e poi ripartire il giorno dopo. Non sapeva nessuno in quale hotel eravamo. Ad un certo punto, il direttore dell’albergo ci dice che fuori c’era una folla incredibile che urlava i nostri nomi. Ci siamo guardati e abbiamo accettato, con imbarazzo, di uscire sul balcone per salutare i tifosi. Gigi ad un certo punto mi fa: ma sono qui per noi? Gli rispondo sì e lui: non pensavo fossimo così importanti. Però ammetto che ad entrambi essere osannati in quel modo un po’ ci faceva piacere, anche se non lo dimostravano. Questo perché tra di noi eravamo espansivi, con gli altri no. Però quei pochi minuti sul balcone restano un ricordo indelebile». L’altro ricordo è il gol segnato a Napoli da Riva contro la Germania Est. «In tuffo, spettacolare, un’immagine che ancora oggi ho davanti agli occhi».

Dolori Il grave infortunio a Vienna. «L’ho visto soffrire – conclude Zoff– quei momenti sono stati terribili. Ho pregato per lui, perché tornasse a giocare come prima. Gigi mi manca anche se non ci sentivamo spesso. Ma manca soprattutto al calcio».

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