Attività commerciali, la grande moria nell'isola
Oristano è il centro che ne perde di più, preoccupa Sassari. A trainare i servizi locali sono le attività rivolte ai turisti
Sassari Le imprese già aperte hanno la serranda alzata a metà. Nel senso che dove ora il cartello è rivolto dalla parte di “aperto”, dal prossimo autunno potrebbe esserci una vetrina vuota. E mancano le aziende pronte al ricambio.
Cosa dicono i numeri Il rapporto della Confcommercio sullo stato di salute delle città, basato sulle iscrizioni ai registri delle Camere di commercio, dice che in Sardegna in 12 anni, dal 2012 all’anno passato, le imprese sono diminuite e sono cambiate: molti meno negozi al dettaglio, rivenditori alimentari, tabacchi, distributori. Nei centri storici e nelle periferie sono aumentati i bar, i locali, i ristoranti e le strutture ricettive. Oristano è la città che ha perso più imprese locali, ben il 30% e il dato la porta a essere l’ottava peggiore città d’Italia (il primato è di Ancona, -34%). Olbia viene menzionata tra i centri che fanno meglio. In Sardegna è l’unico che può contare su un saldo positivo tra imprese perse e neonate.
Sulla vendita al dettaglio, sommando i numeri di Cagliari, Sassari, Olbia, Nuoro e Oristano, nel 2012 le attività erano 5.447, nel 2024 solo 4.657. Una perdita di 66 attività all’anno. Il dato è allarmante, se si calcola che i grandi centri sono quelli che garantiscono una tenuta maggiore. E ciò che significa che nei piccoli e piccolissimi Comuni la situazione è drammatica.
Cosa significa Il volto delle città isolane sta cambiando. Anzi, rispetto a una decade fa l’evoluzione commerciale racconta già storie diverse. Racconta città che hanno spostato il loro baricentro sull’attività ricettiva e sul settore del food&beverage. I negozi di vicinato rischiano di fare la parte delle cartoline ingiallite. Quelli rimasti sembrano baluardi in un mondo che si affida a grandi magazzini e centri commerciali. E a trainare i numeri e le prospettive delle imprese sono i titolari di bar, alberghi e altri servizi di alloggio e ristoranti.
Come cambiano le città Fuori da percentuali, la città che ha perso di più la forza propulsiva delle sue imprese è Sassari, passata da 2.151 a 1.816 licenze nei dodici anni in esame. Cagliari mantiene un conto totale quasi invariato, da 3.436 a 3.447, ma l'emorragia è nel commercio fuori dal centro storico, calato in un colpo di ben 300 unità. Nuoro da 742 imprese ne conta 684. Oristano fanalino di coda dei grandi centri, da 759 a 628. Olbia è l'unica a sorridere. Nel 2012 erano 1.225 le città con sede nel Comune, a giugno 2024 erano 1.363 con circa 100 tra hotel, alloggi e locali in più.
Il quadro italiano In proporzioni maggiori, nei suoi grandi vuoti e nei picchi di crescita, la fotografia nazionale è analoga. Stando allo studio di Confcommercio, tra il 2012 e il 2024 sono spariti quasi 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante in Italia. In crescita le attività di alloggio e ristorazione (+18.500). Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi, si registra una forte crescita di imprese straniere (+41,4%) mentre quelle a titolarità italiana segnano solo un +3,1%. La differenza: sul nazionale nei centri storici chiudono più negozi che nelle periferie, nell’isola la tendenza è opposta. I centri storici diventano l’appiglio a cui aggrapparsi. Infine, la tendenza per macro-aree: a livello territoriale, le regioni del nord evidenziano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, fagocitati dalla grande distribuzione.